In riferimento all’articolo “Riaperta l’area attigua alla Basilica dei Santi Medici con sei alberi d’ulivo, simbolo di pace“, pubblicato ieri dalla nostra testata, riceviamo e pubblichiamo le osservazione del Dottore Forestale Claudio Gravinese (laureato in Scienze Forestali ed Ambientali, facoltà di Agraria).
“Prima di ogni cosa, quegli alberi erano dei cedri (probabilmente Cedrus atlantica) i quali non rappresentano una minaccia per la pavimentazione in quanto non possiedono radici superficiali. Lo possono testimoniare i numerosi cedri presenti nella nostra città (in via Ludovico d’Angiò presso una villa privata, in viale Giovanni XXIII sempre in una abitazione privata, in villa comunale ed anche nel giardino interno della stessa basilica). Il secondo punto della mia argomentazione riguarda la frase “per i grossi rami che cadevano con facilità”: in questi casi bastano delle semplici potature. Nell’articolo non si fa riferimento ad una relazione tecnica né tantomeno ad un tecnico esperto che abbia dichiarato la pericolosità di quegli alberi.
Piuttosto che celebrare sempre il clero, dovreste anche sollevare e sottolineare la totale indifferenza della chiesa nei confronti del “creato” (come lo definisce un vostro lettore). Se la memoria non inganna, in passato c’erano molti alberi presenti nel cortile della basilica, credo anche presso l’entrata della cripta, che a poco a poco sono stati rimossi nell’indifferenza più totale, come è successo anche ad un altro esemplare di cedro che fu “drasticamente potato fino alla morte” nel cortile della chiesa di S. Rita. Anche gli alberi sono esseri viventi, e dovrebbero essere sempre salvaguardati e protetti il più possibile.
Impostare l’articolo dichiarando che gli alberi sono stati abbattuti per il volere dell’architetto in quanto coprivano la visuale della parte laterale della basilica, oppure che la rimozione è stata voluta dal prete con una spiccata vocazione agricola, magari non avrebbe fatto piacere alla classe dirigente di questo piccolo paese, capace di esaltare la negligenza e il populismo cattolico, rispetto alla cruda verità, spesso nascosta da abili scrittori.
Spero che questa mia lettera faccia riflettere sulla questione della sostenibilità ambientale: ai nostri discendenti sarà opportuno lasciare chiese e piazze rimodernate oppure qualche albero? Ai posteri l’ardua sentenza”.