Il 29 dicembre 1902, un misterioso caso di cronaca sconvolse Bitonto e l’Italia intera. Poco dopo le 6.45, una forte detonazione rompe il silenzio in un villino in corso Vittorio Emanuele. Cenzina di Cagno, graziosa, istruita, elegante 21enne, appartenente ad una agiata famiglia di banchieri baresi, si tolse la vita. Ufficialmente. Ma l’autopsia, testimonianze e circostanze emerse nel corso dell’istruttoria alimentano sospetti verso suo marito, il tenente dell’esercito Vito Modugno.
Un caso che fu seguito da tutta la stampa nazionale dell’epoca e che è stato oggetto di studio da parte del giornalista Michele Cristallo, autore del volume “La misteriosa morte di Cenzina Di Cagno, “suicidata” dal marito”, edito da Adda Editore. Il giornalista, venerdì 22 aprile, è stato ospite del primo appuntamento della rassegna “Di Venerdì”, organizzata dal Centro Ricerche di Storia e Arte, per riscoprire il piacere della ricerca e della storia locale insieme agli autori di recenti pubblicazioni.
Insieme all’ospite, nella chiesa dell’Annunziata, il presidente del Centro Ricerche Marino Pagano e Santa Fizzarotti Selvaggi, scrittrice e psicologo psicoterapeuta, che ha tracciato un profilo psicologico del tenente bitontino partendo da quanto racconta Cristallo nel libro sul presunto uxoricidio, sul suo rapporto conflittuale con la moglie e sui crimini commessi in Cina, durante la rivolta dei Boxer. Condotte talmente orribili da pesare sulla reputazione dell’ufficiale: stupri, razzie, furti di opere d’arte e altre violenze ai danni della popolazione locale.
«Tra le varie gesta di Modugno, l’irruzione nella casa di un farmacista cinese che fu sepolto fino al collo in una fossa e costretto a rivelare dove nascondeva le sue ricchezze, sotto la minaccia di essere seppellito vivo» rivela Cristallo, spiegando che il nostro concittadino (che, ovviamente, non è lo stesso tenente Modugno a cui è dedicata una via) tornò molto ricco dal paese asiatico. Gesta che non potevano che alimentare sospetti sulla sua responsabilità in quello strano caso di suicidio che si consumò a Bitonto, anche alla luce di un matrimonio tutt’altro che felice.
Il processo si svolse a Perugia e impegnò ben 96 udienze. I giudici popolari si divisero a metà: sei a favore della parte civile, sei a favore dell’imputato. Condizione che permise al tenente di essere assolto, grazie al principio “in dubio pro reo“. Ma il mistero della morte di Cenzina Di Cagno alimentò ancora per molto tempo i dubbi iniziali e le cronache dei giornali.
Il prossimo appuntamento con “Di Venerdì è, ricordiamo, il 29 aprile alle 18, nel Museo Archeologico De Palo Ungaro, in via Mazzini 44, con Giuseppe Di Matteo e il 1799 in Terra di Bari.