Riportiamo un post del sempre illuminato professor Nicola Pice, che illustra il rapporto privilegiato che intercorse fra la nostra città e il “sindaco santo” Giorgio La Pira. In particolare, si parla del fitto carteggio fra l’onorevole fiorentino e le Benedettine del Monastero delle Vergini.
Leggiamo.
“Nel 120° anniversario della nascita (9 gennaio 1904) di Giorgio La Pira mi piace ricordare quella volta che venne a Bitonto – era il 4 novembre del 1960 – quando molti restarono sorpresi per la richiesta di voler passare dal Monastero delle Vergini prima di andare in piazza per il suo famoso discorso. Molti ignoravano il perché. La ragione era che La Pira intesseva da diversi anni un suo dialogo con le nostre Benedettine. Le sue “Lettere alle claustrali” giungevano anche nel nostro monastero, ma ad esse si aggiungevano non poche forme concrete di aiuto che “il sindaco santo” assicurava al monastero. Ne cito solo alcune. Sin dal febbraio del 1955 La Pira si andava adoperando presso il Ministero per ottenere finanziamenti finalizzati al restauro della chiesa annessa al monastero, dandone notizia alla madre badessa suor Carmela Ricci.
Un interessamento assicurato per diversi anni, sapendo dello stato di degrado del complesso monastico. Infatti, in una lettera del febbraio del 1961, la madre badessa gli aveva specificato che: “Il monastero è un edificio plurisecolare, non costruito ad uso di monastero ma composto da un nucleo di vecchie case, con notevoli dislivelli e soffitti in legno, con pavimenti mal ridotti, infissi cadenti, intonaci macerati dalla umidità e un belvedere puntellato alla meglio da sostegni posticci perché crolla. Anche la cupola della chiesa è lesionata e la volta del coro, oltre ad essere esposta a correnti d’aria a causa delle funi delle campane sistemate nel coro stesso, fa acqua. In pessimo stato sono pure gli stalli, logorati dal tempo e dal tarlo. Col lavoro e le elemosine dei buoni, fra le quali vi sono le sue, riusciamo solo a sostenerci molto modestamente, ma ciò non ci costa perché abbiamo spontaneamente rinunziato, col nostro voto di povertà, ad ogni benessere materiale. Vorremmo solo restaurare quegli ambienti che sono quasi cadenti ed inabitabili”. Spesso inviava spontaneamente degli assegni. “Questi “fiori” che gentilmente e caritatevolmente ci fa pervenire con tanta assiduità”, come scriveva Madre Badessa, durarono a lungo, almeno sino al 1965: ne restano chiare tracce nel carteggio intercorso tra il professore e le Benedettine. Nella lettera del 26 marzo 1961 la madre badessa, tra l’altro, scrive: “Onorevole prof. La Pira, la sua ultima lettera è tutta permeata di santo entusiasmo, di fiducia in Dio, di ardente volontà di “remare verso i porti della grazia e della verità, della fraternità e della giustizia”. Attraverso i suoi scritti Ella rivela il suo grande amore per Dio e lo riversa in noi quasi per stimolarci ad una gara. Perciò, Onorevole, noi le siamo grate non solo per l’aiuto materiale che con tanta carità ci invia assiduamente, ma ancora per il dono della sua parola ispirata e calda, atta ad elevarci e incoraggiarci”. In un’altra lettera datata 17 gennaio 1962 dal Monastero delle Vergini si scrive: “Onorevole Prof. La Pira, abbiamo ricevuto in questi giorni le sue preziose lettere e la ringraziamo di cuore. Le sue ispirate parole manifestano il suo animo esuberante di confidenza in Dio, mentre ci spronano ad intensificare la preghiera e il sacrificio, armi invincibili, per abbattere le mura di Gerico. Siamo all’avanguardia, volenterose e pronte a donarci per il trionfo della Chiesa e la pace fra i popoli. Ed ora, Onorevole, mi permetta una preghiera. Mi costa molto l’importunarla ma faccio affidamento alla sua ben nota bontà.
Per aiutare il bilancio della comunità i Superiori maggiori ci hanno consigliato di dedicarci un po’ alla industria dei polli che renderebbe qualche cosa con un po’ di spesa e fatica. Alla fatica siamo pronte ma per affrontare la spesa osiamo stendere la mano a lei, Onorevole. Ci occorrerebbe una batteria per cento galline ovaiole. Vuole ella farci questo dono? Siamo sicure che il suo cuore generoso non rifiuterà questa carità alle spose di Cristo. Ella è il nostro più grande benefattore e noi le siamo tanto grate, ma temiamo moto di abusare della sua bontà importunandola con la nostra richiesta. Le confidiamo pertanto che la nostra domanda è rimasta senza esito presso altri. Onorevole, ci perdoni l’ardire; solo la conoscenza della sua magnanimità ci ha spinto a tanto e ci dà la certezza di una benevola accoglienza della nostra domanda”. E la richiesta fu soddisfatta. Questo rapporto che intercorreva tra La Pira e le monache del Monastero spiega perché La Pira, appena giunto all’aeroporto, dopo una sosta breve all’Istituto Maria Cristina, volle primariamente visitare le Benedettine delle Vergini prima di tenere il suo discorso nell’affollatissima piazza Margherita. In quel discorso, intuendo profeticamente che il Mediterraneo era il punto nevralgico della pace mondiale, disse tra l’altro che una bellezza e una speranza per l’oggi e per il domani era fare una città di domani che fosse città di fratelli, a grandi dimensioni, con grande dignità.
Nella lettera inviata alle claustrali del 2 aprile 1962 tra l’altro così scriveva: “Ecco, madre Rev.da, la barca fiorentina continua il suo viaggio. … I due obbiettivi fondamentali di questa nostra navigazione sono: 1) il Concilio Ecumenico (e, quindi, l’unità della Chiesa), 2) la pace del mondo (nel Mediterraneo, in Europa, e presso tutte le nazioni della terra). Ogni giorno questi due obbiettivi si fanno chiari nella nostra anima ed orientano con più esattezza ed urgenza la nostra navigazione! Madre Rev.da, ma il ‘mistero’ di questa navigazione sono i monasteri di clausura d’Italia e del mondo: è il vento di Dio che la loro orazione – per così dire – suscita, quella che battendo felicemente sulle vele della nostra barca la fa navigare arditamente (malgrado i flutti e i venti contrari ed i marosi) verso i porti della grazia, della pace e della speranza””.