Il rumore sordo dei colpi di pistola, diciassette secondo quanto ricostruito nelle indagini da Polizia e Carabinieri (che diventano cinquanta se si contano quelli sparati nella stessa mattina in altri quartieri cittadini), il sangue sulle chianche bianche del centro antico e il cappotto nero, che la donna indossava quella mattina, appallottolato dinanzi Porta Robustina. Abbandonato, sgualcito, come l’anima di tutta la comunità di Bitonto, una città che alle 7.30 di quel 30 dicembre 2017 si svegliò dal torpore, non solo mattutino, e capì di non poter più giocare a nascondino con la parola “mafia”.
Di non poter più pensare che i malavitosi “si uccidono fra loro”. Perché l’84enne Anna Rosa Tarantino, colpevole solo di esser uscita presto al mattino per pregare in chiesa, aveva perso la vita, trovandosi suo malgrado in mezzo a chi, armi in pugno, si contendeva l’egemonia delle piazze di spaccio.
A sei anni di distanza, quelle immagini sono ancora vive negli occhi dei bitontini, che ieri sono tornati all’ingresso della città vecchia, teatro dell’omicidio, per rendere omaggio all’anziana sarta e apporre una corona di fiori ai piedi della targa commemorativa di quel “tragico incidente che travolse Anna Rosa”, come ha ricordato la vicesindaco di Bitonto, Marianna Legista. Il corteo silenzioso di cittadini, autorità civili, religiose e rappresentanti di tutte le forze dell’ordine, che da piazza Caduti ha raggiunto piazza Cattedrale, ha percorso i vicoli del centro antico, dove ancora oggi serpeggia la malavita. Decimata dagli arresti seguiti alle indagini sull’omicidio Tarantino e sui tre agguati di quella mattina, ma non sconfitta. Bitonto, come ha detto Pinuccio Fazio, papà dell’innocente Michele, ucciso a Bari anche lui dalla mafia, deve “diventare libera”.
Operazione che deve partire dalla consapevolezza che “chi fa uso di droga e l’acquista, non fa che alimentare la mafia”, come ha ricordato ai tanti giovani presenti alla manifestazione.
E a loro ha parlato anche don Angelo Cassano, referente regionale di “Libera”. “Come dice don Luigi Ciotti – ha detto il sacerdote, al termine del momento di preghiera, officiato dal vicario zonale e parroco della Cattedrale, don Marino Cutrone – “A fare la differenza è l’indifferenza”. L’allarme lanciato dai procuratori, qui da noi, è che ci sono molte armi e molta droga”. “Si sta diffondendo una cultura mafiosa che pervade i comportamenti quotidiani: si risponde subito con la violenza e la prepotenza. E queste logiche sono imposte anche tra i giovanissimi, che diventano vittime di questo meccanismo” ha continuato, sottolineando la necessità di “lavorare nelle scuole” e di essere accanto alle “parrocchie dei quartieri difficili” che cercano di suggerire una socialità diversa e di inculcare la cultura della bellezza anche in “chi vuole imporre paura e insicurezza”.
“Auguri per un buon anno nuovo, che ci veda tutti impegnarci in questo – la chiosa di don Angelo, che sogna un presidio Libera anche a Bitonto -, o il rischio è che le cerimonie come quelle di oggi diventino solo passerelle”.