“Fino a questo segno!“.
Persino la giovane Lucia Mondella, indole angelicata quant’altre mai, aveva ruggito tali stupite, dolenti parole, quando aveva saputo che il pavido don Abbondio, angariato dai “bravi” tutt’altro che bravi del truce signorotto don Rodrigo, s’era rifiutato di celebrare le di lei nozze col fumantino Renzo.
Ebbene sì, non se ne può più. Di oltraggiose frasi sparate a man salva sui social, del continuo vilipendio di un pluriennale, inoppugnabile impegno, delle incessanti offese quasi allegramente elargite nei nostri confronti, persino da chi ti aspetteresti comprensivo e saggio ed avrebbe gli strumenti culturali per esserlo.
Già, perché la ridda di polemiche, scatenatasi sulla scia di due nostri articoli rei di “aver gettato fango sulla città“, ha concesso il diritto, questo sì barbaro, di spargere malvagia mota sul nostro operato quotidiano. Come se uno di noi facesse irruzione nello studio di un professionista qualunque, gli urlasse che del suo mestiere – anche se, urge ammetterlo, qualche volta il sospetto ci ha sfiorato – non capisce una benemerita cippa e andasse via a cuor leggero.
Eppure, a rileggere bene quanto da noi scritto – a proposito, una è la lettera di un cittadino: continua a sfuggire a tanti che gli unici padroni di una testata sono proprio i lettori: ma quanto becero, inutile sarcasmo è stato espresso sulla loro identità, con punte di comico illiberalismo culminato nel controllo incrociato degno del Kgb (ah, beata nostalgia) presso l’ufficio anagrafe -, risulta davvero immotivato quanto successo.
Di più, come ci ha insegnato un grande giornalista, “i cronisti non sono la succursale della Pro Loco né un’agenzia di promozione turistica della città“, per quanto migliaia siano i pezzi che decantano le nostre meraviglie, per i quali manco un timido “grazie” viene esalato dai potenti di turno, pronti solo a pretendere e basta.
Peraltro, l’arte pasticciona e proterva di celare la polvere sotto il tappeto finisce per creare tutte quelle fastidiose gibbosità, che portano i passanti ad inciamparvi sopra, rischiando di cadere.
Da sempre, nonostante i neri fantasmi che inseguono i nostri implacabili giudici, noi descriviamo il mondo che ci circonda. Non ce la sentiamo ancora di disegnare una sinuosa pipa e dire che non trattasi di una pipa, alla maniera di quel genio di Renè Magritte. Quello era, sublime certo, surrealismo, noi, imi qual siamo, ci facciamo bastare la realtà.
E, cari, dispietati censori, è proprio quella che abbiamo raccontato.
Ci dispiace tanto, ma è così. Prova inconfutabile ne sia il commento di un nostro concittadino che vive davvero in maniera attiva la nostra Bitonto e che qui ripropongo: “Dobbiamo cercare di trovare il giusto equilibrio imparando dagli errori, dalle lezioni apprese, analizzare quello che non ha funzionato e ricercando le motivazioni. Partire da tutto ciò. In questi giorni che ci separano dal 31 dicembre, giornata in cui potenzialmente ci sarà nuovamente molta affluenza, bisogna mettersi al tavolo con tutti gli attori (commercianti, istituzioni, società che gestisce l’igiene urbana e anche rappresentanti dei residenti) e definire le azioni che possono aiutare a far andare tutto per il meglio. Molto probabilmente qualcosa andrà sempre storto ma sicuramente qualcos’altro andrà meglio“.
Tutto qui. Sarebbe bello se ci fossero maggior rispetto per la storia di tutti e una più profonda educazione, se ne gioverebbe l’intera comunità: pura utopia. Anche perché fa specie che gli attacchi, ciechi e violenti, quando non subdoli e taglienti, vengono spesso da coloro che bene ci conoscono, sanno come lavoriamo e che, addirittura, mentre vergano post venefici su Facebook – tempistica alla mano – starebbero svolgendo un ruolo super partes in piena massima assise cittadina.
Non va bene, tutto qui.
E lo dico con molta mestizia nel cuore. Tutto questo, a due giorni dalla commemorazione della nostra cara, innocente Anna Rosa Tarantino, che, col suo comunque iniquo sacrificio, doveva insegnarci a ricucire i rapporti umani, ma mi sa che nessuno ha imparato la lezione…