Il 1957 un fulmine cadde sull’Obelisco…
Al centro di piazza “26 Maggio 1734”, svetta l’Obelisco Carolino, monumentale testimonianza della battaglia che in quel luogo si svolse tra le truppe spagnole ed austriache, battaglia determinante per la guerra di successione, per la ricostruzione del regno meridionale, e che portò sul trono di Napoli i Borbone con Carlo III. Fu il Generale Giuseppe Carrillo, conte di Montemar, a far progettare e costruire l’obelisco tra gli ulivi del campo della battaglia. L’ingegnere del Genio Giuseppe Medrano fu incaricato del progetto, mentre i lavori furono diretti dal Ten. Colonnello Francesco Rorro e dall’ingegnere Gioacchino Magliano, coadiuvati dal sacerdote bitontino Nicola Pasquale Valentino, che si intendeva di architettura, soprannominato “priscizzo”. L’obelisco alto 18 metri, è di tufo rivestito da lastre di marmo bianco di Carrara, mentre di roccia dolomia bitontina sono gli scalini, i quattro cantonali e gli otto medaglioni incastonati sullo stelo. Le quattro lapidi marmoree, dettate dal Tanucci, Ministro di Carlo III, furono dedicate rispettivamente a Filippo V, Re di Spagna, delle Indie e delle Due Sicilie, a Carlo III, infante di Spagna, Re di Napoli e di Sicilia, Duca di Parma e Piacenza, al Generale Giuseppe Carrillo, Conte di Montemar, ed all’esercito spagnolo. Dalle “Memorie dell’Abate Giovanni Battista Lo Iacono”, apprendiamo che i marmi utilizzati per la costruzione dell’obelisco furono trasportati da Genova, mentre per le pietre di “color mischio”, furono estratte nel territorio bitontino da una cava esistente nelle vicinanze della chiesa della Madonna delle Grazie. Come si evince da vecchie foto, in principio l’obelisco presentava a vista quattro grandi scalini, dei quali purtroppo attualmente sono visibili soltanto due, in quanto i restanti si trovano sotto il livello della piazza.
Non tutti sanno che, secondo il Galanti nella Relazione Ufficiale inviata a Ferdinando IV il 1780, l’infelice scelta del materiale tufaceo impiegato nell’ossatura della piramide avrebbe causato, durante i secoli, diversi danni al pesante rivestimento marmoreo del monumento, completato vent’anni dopo la sua erezione. Infatti il 1861, l’obelisco veniva radicalmente restaurato. Un altro restauro occorse il 1928.
L’ultimo risale al 1957 ed avvenne perché un fulmine, caduto sull’obelisco, ne scoprì il rivestimento di una faccia e ridusse in frantumi l’epigrafe del basamento posta sul lato a mezzogiorno. Il testo fu rinnovato nell’attuale epigrafe. Attualmente i frammenti, dell’originaria epigrafe sono conservati nella civica Biblioteca di Bitonto.