Lavorazioni gratuite da effettuare su auto a bordo delle quali c’erano persone armate e pretestuosi risarcimenti per lavori di riparazione eseguiti male. Sono solo alcune delle attività estorsive portate avanti dall’articolazione “Enziteto” del clan Strisciuglio, operante nei quartieri di Bari San Pio, Santo Spirito e Palese: ieri mattina dodici di loro sono stati arrestati dai carabinieri (sette già in carcere, uno al quarantuno bis), sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, perché ritenuti responsabili di estorsione continuata in concorso, aggravata dal metodo mafioso.
Si tratta di: il 55enne Giuseppe Caizzi (già detenuto ad Agrigento), il 39enne Vito Antonio Catacchio, detto Carota (già detenuto a Nuoro), il 31enne Francesco De Marzo, detto Cicchetto (già detenuto a Vibo Valentia), Michele, Saverio, detto Benzina (già detenuto a Viterbo) e Vito Bruno Faccilongo, rispettivamente di 58, 37 e 41 anni, il 33enne Pietro Mercoledisanto detto Buy Watch (già detenuto a Bellizzi), il 30enne Tommaso Peschetola, il 38enne Giovanni Sgaramella, detto U’ mat (già detenuto a Rovigo), il 22enne Raffaele Stella, il 18enne Antonio Tortora, e il 32enne Giovanni Tritto, detto U’ piccinunn.
L’ultimo episodio, da cui sono scaturite le indagini, risale a febbraio 2023 quando la richiesta estorsiva avvenne “attraverso una videochiamata, che viene mostrata alla vittima, con un “pericoloso pregiudicato “che era in carcere: potete immaginare – ha detto il coordinatore della Dda, Francesco Giannella, ai giornalisti – la capacità intimidatoria che ha una telefonata che proviene dall’interno del carcere nei confronti di una vittima”, che può pensare come questi davvero non abbiano “limiti”. In quel caso, l’ex moglie della vittima lo avrebbe rimproverato “aspramente di aver denunciato la vicenda e di aver fatto arrestare quelle persone” (i primi tre arresti sono avvenuti a febbraio scorso, ndr), e che invece “avrebbe potuto benissimo potuto risolvere la cosa, come sempre, in maniera elegante”. La vicenda “credo – ha aggiunto Giannella – debba dare la prova ai cittadini del fatto che ricorrendo a questi sistemi non se ne esce mai”. Invece, “la denuncia rappresenta la migliore protezione per la vittima, perché dal momento in cui la vicenda viene fuori, le persone vengono arrestate”, la vittima “non viene toccata più, perché è troppo pericoloso andare a operare delle ritorsioni proprio nei confronti di” chi “ormai è uscito fuori”. E conclude: “Questa cultura omertosa deve finire”.