In principio, furono loro. E non c’è niente da fare. Le ragazze eroiche dell’Antares, che all’alba degli anni Settanta, presero ad inseguire un sogno bellissimo nomato pallavolo fra palestre oscure e sacrifici millanta, guidate dagli inossidabili Franco Carbone e Michele Vacca, allenate sul parquet da quell’autentico mito che rusponde al nome di Donato Radogna. A narrarci, con al solito passionali accenti, quella indimenticabile epopea è il factotum della dirigenza dell’epoca, il professor Raffaele Picciotti. Che si è entusiasmato tanto dinanzi all’impresa di Luciléia e compagne, che non poteva esimersi dal fare alcune ineludibili riflessioni: “La vittoria straordinaria del Futsal, calcio a 5 femminile di Bitonto, per la quale ho già avuto modo di congratularmi sui social con le ragazze, lo staff tecnico e tutta la dirigenza con in testa l’amico Silvano Intini, non poteva non riportare alla mente mia ma anche di tanti bitontini che più o meno hanno la mia età un’avventura che si concluse con un altro scudetto di quasi mezzo secolo fa e che vide ovviamente protagonista una squadra della nostra Bitonto vale a dire l’Antares Bitonto pallavolo femminile”. E qui, urge schiudere i ponderosi tomi della Storia dello Sport: “La storia dell’Antares anche anch’essa fu una storia di successi a partire dalle serie provinciali e regionali. fu fondata nel ’72 da Franco Carbone nell’ambito della parrocchia di Cristo Re. Franco Carbone riuscì a mettere insieme un gruppo di ragazzine di Bitonto, le quali subito si imposero a livello provinciale e a livello regionale con l’ausilio di innesti che successivamente arrivaro o da grumo e da Taranto addirittura. Mi piace qui ricordare proprio Ernesta Bucci, una ragazzina di Taranto che volle venire a giocare a Bitonto assolutamente in maniera gratuita (le pagavamo solo le spese del treno) e nonostante frequentasse il liceo scientifico, lei tutte le volte che c’era allenamento, tre volte a settimana, veniva da Taranto, scendeva a Grumo, io o qualche altro dirigente la andavamo a prelevare dalla stazione di Grumo, dove la riaccompagnavamo la sera dopo l’allenamento. studiava e andava anche bene a scuola. Nel ’74-’75, l’Antares disputò il campionato interregionale di Serie C che era a tre regioni e lo vinse con il primo anno dell’allenatore Donato Radogna, giovanissimo alla prima esperienza allenatore, di Bari. Poi il 75-76, l’Antares disputò il campionato di serie B nazionale, con qualche altro innesto, ivi comprese le ragazze che dall’Atletica Bari vennero a Bitonto, e mi piace qui nominare la palleggiatrice Angela Cassano, Nica Viterbo attaccante e Tonia Ranieri. A parte le ragazze di Bitonto che continuarono ad impegnarsi, specialmente Pasqualina Illuzzi, altre poi dovettero abbandonare, anche la compianta Elisabetta De Michele, perché gli impegni erano sempre più gravosi e non si conciliavano con i loro impegni di studio universitari. C’è da dire che fino alla serie B, l’Antares andrà avanti senza grosse sponsorizzazioni. Si viveva dei contributi di amici, di dirigenti. Erano campionati al risparmio. La serie B fu vinta e nel 75-76-77 conquistò la promozione in Serie A, che era una Serie A a ventiquattro squadre, che disputammo nell’anno ’75-’76.
Nel ’75-’76, grazie alla sponsorizzazione della 2001 ricambi fiorentini del Salento, fu possibile ingaggiare Rodica Popa e Susanna Maré dello Scandicci di Firenze.
Questo fu lo spartiacque tra la vecchia Antares e la nuova Antares, perché io continuo a chiamarla Antares, perché i dirigenti erano sempre quelli: il presidente Franco Carbone, io ero il segretario di quella squadra, ma poi dovetti lasciare, perché incominciai a insegnare in provincia di Bergamo. Per quanto riguarda il proseguo fino all’anno dello scudetto, ’76-’77 serie a generale, ’77-’78 serie A1, ’78-’79 fu l’anno dello scudetto. Perché io continuo a ribadire l’Antares? La 2001 Bari era così derubricata a livello sportivo da quelli che allora erano i social, cioè i giornali cartacei (La Gazzetta del Mezzogiorno, la Gazzetta dello Sport), ma ci fu solo nel ’78-“79 un cambio di presidenza che da Franco Carbone passò al dott. Vittorio Tulimero, che era anche l’amministratore delegato della 2001. Ma il codice sportivo che accompagna anche oggi ogni società in tutti gli sport, rimase assolutamente invariato. Altrimenti non poteva essere, perché se fosse cambiato il codice sportivo la 2001 avrebbe dovuto riprendere il cammino da capo, e cioè dalle serie provinciali e regionali.
Una rosa ornata di petali stupendi: “Ho già avuto il modo di nominare varie atlete e nell’anno dello scudetto l’Antares 2001 si poteva avvalere del contributo tecnico di alcune ragazze che vollero trasferirsi da Giovinazzo a Bitonto. Vale a dire Luciana Volpicello come palleggiatrice seconda a Maré, che era palleggiatrice della nazionale, Lucia Frascolla come attaccante, che Donato faceva giocare centrale in diagonale con Rodica Popa, Daniela Allegretta, che era un’altra attaccanto che è una dei primi rincalzi. E poi rimase tutto il roster che ho precedentemente nominato”. C’è una pagina memorabile di Repubblica di quegli anni, in cui Gianni Mura, l’erede impareggiabile di Gioanbrerafucarlo, intervista la pallavolista più forte del mondo. Che vestiva la maglia dell’Antares… “Quindi la formazione base che vinse lo scudetto vedeva la Maré in regia, Nica Viterbo, che veniva da Bari come dicevo prima dall’Atletico, in diagonale giocava opposta, sulle bande la bulgara Petkova e Claudia Torretta, che era una atleta della nazionale, mancina, e al centro era schierata Rodica Popa e Lucia Frascolla. Rodica Popa, all’epoca, poteva essere considerata la atleta più forte del mondo. Io, nella mia piccola esperienza ma anche chi l’ha conosciuta, ha potuto verificare come la Popa fosse devastante in attacco, efficacissima a muro, e dietro in difesa, dove Donato faceva giocare al posto sei, prendeva tutto lì per terra. Rodi era eccezionale. Era una rumena che poi fu naturalizzata italiana e poté giocare anche nella nostra nazionale. Era una ragazza molto semplice che andava tranquillamente di vari centimetri al di là del muro. Una atleta che le partite le vinceva, non da sola perché nella pallavolo non si vince da soli. La pallavolo è fatta di tre tocchi, c’è la ricezione, e ci vuole una buona ricezione, c’è la costruzione e qui c’entra la palleggiatrice e poi c’è l’attacco. Il 50% della squadra partecipa all’azione”. Il bivio della favola vira sulla strada che conduce al capoluogo. Perché?: “Perché la squadra viene derubricata come dicevo prima come 2001 Bari? Perché fin dalla serie B, per mancanza (è una vecchia malattia di Bitonto) di impianti sportivi adeguati e omologati per la Serie A e altre serie nazionali, fummo costretti a trasferirci a Bari, dove si giocava nel bellissimo impianto, nell’Istituto Margherita in corso Benedetto Croce. Era un mo’ di dire 2001 Bari, anche perché la direzione della società sponsorizzatrice era Bari, per cui sui giornali 2001 Bari, ma ripeto il numero codice sportivo che purtroppo, essendo un un qualcosa avvenuto circa mezzo secolo fa, neanche la federazione italiana pallavolo ha nei suoi archivi cartacei, non quello dell’antares quella di tutte le squadre italiane. A suo tempo ho fatto delle ricerche, ma non è possibile dimostrarlo in maniera cartacea, ma lo si può dimostrare in maniera logica. Ripeto il presidente fu cambiato, ma la società rimase quella, il codice sportivo rimase quello, perché se non fosse rimasto quello, la 2001 doveva incominciare dalle serie provinciali e regionali”. Nel 2014, l’avvocato Francesco Paolo Ricci, consigliere comunale, chiamò in causa i vertici regionali per avere lumi sulla intricata questione. Ne scrisse il grande Nicola Lavacca sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno.
“Sì è vero, l’attuale sindaco, sollecitato anche da me, lui è stato un uomo di pallavolo, cercò di fare qualcosa, allora lui era consigliere comunale, in regione anche alla FIPAV, ma la Fipav ho già detto io ho risposto, io attraverso l’allora vicepresidente Giuseppe Manfredi, che adesso è presidente nazionale, cercai di fare delle ricerche ma non esisteva più un archivio cartaceo nazionale a Roma, negli uffici della Federazione. L’allora sindaco di Bari Michele Emiliano fece silenzio, perché chiaramente a un sindaco non fa piacere scucirsi da dosso uno scudetto, che quantomeno, a voler essere generosi, Bari avrebbe in comproprietà, legittima comproprietà, con Bitonto”. Sarebbe il caso di interpellare pure la dea Dike? “C’è ancora margine per fare giustizia? Io penso che anche queste note di verità storica, per la pallavolo e poi lo sport bitontino, non sono finalizzate a fare giustizia. Non è stata fatta nessuna ingiustizia, sono stati un pochettino gli eventi, le cose ripeto, parliamo di quarantaquattro anni fa quando non c’erano i social, non c’era internet, non c’era il digitale, il tutto veniva fatto cartaceamente. Basti pensare che allora l’organo ufficiale della Federazione italiana pallavolo era un foglietto, si chiamava Pallavolo flash, che veniva pubblicato e veniva dato alle società come risultati, come riscontri delle decisioni che si prendevano a livello federale. Per cui era proprio nel novere delle cose che allora erano così e oggi che vai a fare un processo per far giustizia? È solo per dare un legittimo e giusto riconosci a quanti, dirigenti, atlete, allenatore, contribuirono, tra i dirigenti molto modestamente c’era anche il sottoscritto, a dare a Bitonto comunque una una platea, una vetrina nazionale, con la conquista dello scudetto della pallavolo, che già esisteva da molti anni. Anzi devo dire che quello dell’antares 2001, fu il primo scudetto dell’Italia meridionale. Quello che dicono alcuni, attribuendo lo scudetto all’Amatori volley Bari, quello sì assolutamente non è vero perché l’Amatori, soltanto nel 1981, e quindi due anni dopo, acquisì i diritti della 2001. E bisogna dire, che non ricordo se proprio l’anno o dopo qualche anno, ebbi il merito di conquistare la Cev, che è una coppa Europea di pallavolo, come prima squadra meridionale e forse anche italiana”. Da docente di consolidata esperienza e cuore grande, Picciotti trae le sue conclusioni: “In effetti la storia dell’Antares dimostra che, specialmente mezzo secolo fa, non era facile fare sport. Io mi ricordo le trasferte anche in Italia. L’Antares ha partecipato nel 1974 ad una finale nazionale della categoria ragazze, con molte ragazze di Bitonto a Ravenna. Beh, noi a Ravenna siamo andati con le macchine, dormendo solo lo stretto necessario e autotassandosi i dirigenti. Io ero un giovane studente universitario e non avevo possibilità di autotassarmi. E anche le trasferte di serie C e serie B si facevano in maniera molto artigianale, se così possiamo dire, con le macchine e con contributi che si andavano a raccimolare nella settimana precedente la trasferta. A parte poi gli impianti. Noi si incomincia a giocare nella palestra della scuola media Sylos, che grazie all’amministrazione Abbaticchio è stata rimodernata qualche anno fa, e poi fumò costretti a trasmigrare a Bari. Se ci fosse stato il palazzetto, che poi ci fu al Maria Cristina, beh la festa scudetto certamente si sarebbe fatto Bitonto. E lo dico con grande enfasi, ma anche con grande convincimento. Io ho potuto seguire queste cose, anche perché poi sono stato per otto anni consigliere regionale della Fipav e anche allora questi incarichi erano fatti volontariamente. non c’erano compensi non c’erano interessi. Era tutto volontariato”.