Per le strade della città, dopo tanto tempo, forse, si torna davvero a godere dello sfarzo delle luci, che portano con sé l’aria del Natale. Quello così sentito per ogni famiglia, che riporta alla bellezza di essere fanciulli, alla riscoperta dei valori piu sani della bontà e dello stare assieme.
Ci siamo così lasciati alle spalle le polemiche estive del “non si è fatto niente” – con post rimbombanti “a Giovinazzo hanno fatto Battiti!”, che era diventato battente anche su altro… – a favore di un “non abbiamo nulla da invidiare a Locorotondo“, giusto per fare un esempio.
Ma le polemiche se non si sentono (o leggono) non vuol dire che non ci siano. Corrono veloci sulle cosiddette stories – che in 24 ore diventano solo un ricordo – o su chat whatsapp.
Insomma, non è tutto “luci e fiori” e, questa volta, tutto è ben lontano da essere un piccio o un vezzo.
Proprio ieri sera, passeggiando per i vicoli del borgo antico, qualcuno ha detto “Sembra il Natale della competizione”. Che seppur fosse sana, giusta, proficua, farebbe pure bene. Lo diventa un po’ meno se il centro storico si divide tra strade di “Serie A” e strade di “Serie B”, tra la serra, gli alberi e le palline di “X” e il “fai da te” variopinto di “Y”.
Tra piazza Cavour e piazza Cattedrale o Caduti del Terrorismo: queste ultime due – a quanto ascoltato nei corridoi – rimaste al buio solo per mere questioni di “simpatia”. Per non parlare delle luci del “centro commerciale” della città (ancora sprovvisto del Distretto Urbano del Commercio, che godrebbe anche di fondi regionali): si dice che una stella cadente sia una stella ormai spenta.
Esattamente come quelle che abbiamo visto su via Matteotti, Repubblica e Verdi, con tanto di simpatiche stories dei negozianti, felici come se avessero ordinato le luci da Amazon e il “pacco” (in tutti i sensi) fosse giunto da Wish.
E, però, no, questo non è un simpatico Meme. E, per giunta, il luminarista – sempre vox populi – pare abbia spiegato che se non fossero giunti tutti i pagamenti, non sarebbe venuto a sistemare le luci. Pagamenti, per qualcosa arrivato già rotto, ohibò che paradosso. Arriviamo nel percorso alla zona artigianale, che è diventata “isola felice”, come se fosse una terza frazione che s’aggiunge a Mariotto e Palombaio.
Dove vogliamo andare a parare?
Al fatto che è stata la dimostrazione piena che chi più ha, più fa. Le installazioni luminose 3D sono state frutto dell’investimento degli imprenditori, così come altri hanno messo mano al portafogli per le luci nelle strade di “SerieB”, per le vie dello shopping – le nostre “via Sparano”, che hanno venduto poco o nulla e tra poco si troveranno nella “morsa” dei saldi -, per le zone periferiche che hanno portato ospiti e band di rilievo. E allora no, non è sbagliato, non ci dispiace, anzi. È il famoso partenariato pubblico-privato che in ogni parte del globo, ormai, attuano.
Ma tutto questo non può avvenire senza un coordinamento tra le parti, senza qualcuno che dia un’idea di insieme, che abbia una visione di città complessiva e che faccia di tutto per portarla a termine. Speriamo si possa “numerare” il quantum investito in termini di ricaduta turistica, comunicativa, di re-branding della città, sociale, persino economica, al fine di comprendere come le nostre attività abbiano aumentato (oppure no) i loro fatturati.
Anche in base a questi dati, questi numeri (perché quelli contano), si potrebbe fare programmazione futura. Che guardi a quelle strade non solo come contenitori da riempire, ma come estensione di una raggiera di vita: un luogo dove poter rivitalizzare la storia, valorizzare le persone che le abitano, le vivono, che hanno investito ogni giorno aprendo e chiudendo la saracinesca della propria attività con sacrificio, che portano sottobraccio un amico da una città vicina a mangiare e fare una passeggiata a Bitonto per dire, gonfio in petto, “Guarda che bella la MIA città“, senza vergogna. Che ricrei quel famoso senso di comunità, che tanto si auspica ad ogni piè sospinto.
Vorremmo davvero si possa tornare ad essere comunità partecipando, non per dire “Tizio ha messo tanto” e “Caio siccome ha già avuto, a questo giro non si merita niente”: che siano ripristinati al più presto le consulte, i comitati di quartiere, luoghi affidati ad associazioni e organizzazioni per poter tornare a parlare con i giovani, ai giovani: perché non possiamo permetterci di “bruciare” una intera generazione, che potrebbe impegnarsi, ad ogni livello, nella propria città.
Luoghi in cui potersi aggregare, pensare al domani e a come modellare Bitonto, dandole un senso, una direzione verso cui guardare e svilupparsi in maniera lungimirante.
Prima o poi le luci saranno spente, si tornerà a guardare quello che accade sotto gli occhi, senza flash. Come ci ricorda il nostro stemma, il nostro albero d’ulivo, simbolo di pace, da un lato c’è la forza del potere esecutivo, dall’altro i nobili e popolari. Entrambi concorrono alla virtù di Bitonto…