Da una nostra concittadina riceviamo e pubblichiamo.
“Il mio Carmine non c’è più, oltre a combattere contro la sua malattia ha dovuto anche combattere con l’infezione settica presa lì in ospedale, che ha peggiorato ulteriormente la sua situazione, ha dovuto anche combattere contro la disumanità di alcune persone.
A quasi tre mesi dalla scomparsa di Carmine, ho pensato in tanti modi a come avrei potuto scrivere questa lettera, ma per le tante cose che avrei voluto dire, mi sarei dilungata troppo, ho aspettato perché avrebbe parlato la rabbia che era molto forte nei confronti del presidio ospedaliero San Paolo di Bari. Anche Carmine disse più volte che appena si sarebbe ripreso un pochino, avrebbe scritto una bella lettera di disappunto e di reclamo per quanto gli era accaduto. Cerco di semplificare il tutto, perché vorrei tanto che chi decidesse di essere in futuro un medico, un infermiere o un oss, debba iniziare con l’essere più empatico, umano, non deve solo allenare la mente, ma anche il cuore perché è vero che si salvano le vite con la scienza, la medicina e il sapere, ma tanto fa affacciarsi agli ammalati con il cuore, con empatia, con rispetto, rispetto che in molti casi è stato negato a Carmine!
Non faccio di tutta l’erba un fascio, ma in questi due mesi di ricovero di Carmine, di cose poco piacevoli ne ho viste e sentite parecchie, attraverso i suoi racconti! Carmine era in grado di riferirmi tutto e mettermi a conoscenza, non oso immaginare quei pazienti che non riescono ad esprimersi cosa possono aver passato! Possono essere cose di poco conto, ma credetemi che per Carmine che già stava soffrendo molto per tutto quello che gli è capitato per la malattia, erano macigni da digerire! Non faccio di tutta l’erba un fascio, perché abbiamo incontrato medici, infermieri, OSS, addetti al cibo, addetti alla pulizia stanze davvero di grande umanità ma un buon 30% no! Quel 30% non dovrebbe esserci soprattutto in determinati reparti e con determinati pazienti che già soffrono tanto! Dovete cambiare il modo di affrontare la giornata lavorativa in ospedale, potreste avere anche una giornata no, ma non dovete ripercuoterla sui pazienti e sulle loro famiglie! Avrei tanto altro da dire ma mi fermo qui. Spero che questa mia lettera venga letta da più persone, soprattutto quelle che lavorano nei presidi ospedalieri! Affacciatevi in questo mondo lavorativo con amore, rispetto, umanità, empatia, il malato ha bisogno anche di questo!”.