Le amministrative del 2017 segnarono la riconferma di Michele Abbaticchio a sindaco di Bitonto. Fu rieletto al primo turno con il 60,14% dei consensi, contro Emanuele Sannicandro (25,2%), Cataldo Ciminiello (9,4%), Carmela Rossiello (5%). Storia nota e molto recente, su cui non ci soffermeremo più del necessario.
Quello su cui oggi preferiamo soffermarci è la coalizione che accompagnò Abbaticchio alla sua seconda vittoria elettorale. Una coalizione composta interamente da liste civiche. A supportarlo, infatti, c’erano Tra La Gente, Progetto Comune Viviamo La Città, Iniziativa Democratica, Riformisti Cattolici Popolari, 70032 Città In Movimento, Direzione Bitonto, Città Democratica, La Puglia In Più, Bitonto Solidale. A queste forze, aggiungiamo poi Italia dei Valori che, comunque, lungi dall’essere un soggetto politico tradizionale, fu un partito personale portato più volte a Bitonto da rappresentanti del civismo locale.
Rimanendo nel centrosinistra, il suo sfidante Sannicandro era sostenuto, invece, da una coalizione composta per metà da partiti: il Partito Democratico, il Partito Socialista Italiano e Sinistra Italiana, a cui si aggiungevano altre tre liste civiche: Laboratorio, Governare il futuro e Insieme per la Città.
C’era poi il solitario Movimento 5 Stelle con Ciminiello. E, per finire, con Carmela Rossiello, Forza Italia, insieme ad un’altra lista di poco conto, Rivoluzione Cristiana.
Una vittoria che fu segno di un fenomeno che, avevamo visto germogliare tra gli anni ’60 e gli anni ’70, quando il tema della protesta urbana cominciò ad essere presente in Europa e iniziarono a diffondersi, nelle città, movimenti sociali, comitati di cittadini, associazioni con un basso grado di strutturazione organizzativa, un’identità collettiva e il ricorso a forme d’azione fino a quel momento poco convenzionali. Movimenti che vedevano la protesta sociale come strumento per aumentarle risorse verso gruppi o comunità ritenuti emarginati, abbandonati o, in generale, poco considerati dalla politica tradizionale. Nacquero, dunque, principalmente dal declino della fiducia verso il sistema partitico e i suoi rappresentanti, a cui si contrapponeva la società civile, il semplice cittadino, l’uomo della strada che, senza più delegare le decisioni ai partiti, scende in campo contro l’immobilismo della politica, i suoi giochi di potere e, dunque, contro la classe dirigente locale. Ma non solo. Facendosi portavoce degli interessi del proprio territorio, spesso essi si posero in contrapposizione ai partiti romanocentrici.
Ma, per quanto in crisi, fino agli anni ’80, i partiti erano ancora abbastanza forti per non lasciare molto spazio a questi movimenti, a queste associazioni e alla loro trasformazione in vere e proprie forze politiche in grado di presentarsi direttamente nelle competizioni politiche locali. E, infatti, per tutto il decennio ci furono molte altre associazioni che sorsero in città, ma nulla di più. Per avere vere e proprie liste civiche ci fu bisogno di aspettare la fine degli anni ’80 e, soprattutto, gli anni ’90.
Con la crisi dei partiti degli anni ’90, il fenomeno si espanse notevolmente e si trasformò. Sempre cavalcando il leit motiv dei partiti che decidono nelle segrete stanze, ci fu una proliferazione di liste civiche, che si diversificarono anche nella tipologia: dalle liste monotematiche fedeli ad una causa da portare avanti in consiglio comunale, alle liste personali a sostegno del candidato sindaco.
Passano gli anni, i decenni e la crisi della politica incalza sempre più. Spariscono sempre più le identità politiche e il fronte delle liste civiche, se pure frastagliato e frammentato diventa sempre più in grado di imporre il suo peso. Negli ultimi anni, la vitalità delle liste civiche si è accresciuta e i suoi rappresentanti hanno avuto un peso sempre più determinante nell’affermazione dei sindaci, a seconda degli schieramenti. Proprio come, nel 2017, successe a Bitonto.
Un civismo, dunque, sempre più forte che, però, spesso non sopravvive a lungo al momento elettorale e le liste che sorgono in campagna elettorale, lungi dall’essere i luoghi di partecipazione decantati in campagna elettorale, spariscono o finiscono per identificarsi con il mero gruppo consiliare, rivelandosi niewnt’altro che escamotage per vincere elezioni. Un civismo di facciata per politici locali desiderosi di sfruttare il proprio feudo elettorale e di farsi strada nel panorama politico, senza passare per le griglie delle gerarchie partitiche. E, spesso, cambiando sigla, simbolo e lista, di passare da uno schieramento all’altro, mettendo in pratica una politica deideologizzata e molto fluida.
E così, grazie al civismo, anche a Bitonto, parte del centrodestra ha potuto coalizzarsi con il centrosinistra e viceversa.
«Sotto la bandiera del civismo è andato in scena il peggior trasformismo» si disse qualche settimana fa in un incontro organizzato dal Partito Socialista Italiano a Bitonto. E non a torto, in effetti.
Un fenomeno che, come vedremo, conoscerà una sua ulteriore maturazione con le regionali pugliesi del 2020 e con la riconferma di Michele Emiliano.