Il 2016 fu l’anno dei due referendum. Il 17 aprile si tenne quello per l’abrogazione della disposizione con cui la durata delle concessioni per l’estrazione di idrocarburi in zone di mare (entro 12 miglia nautiche dalla costa) era stata estesa sino all’esaurimento della vita utile dei rispettivi giacimenti. Il 4 dicembre, invece, fu la volta del referendum costituzionale sulla cosiddetta riforma Renzi-Boschi. Parleremo nel prossimo appuntamento di quest’ultima, limitandoci, oggi, alla prima delle due consultazioni referendarie. Il referendum contro le trivelle, come fu comunemente denominato.
Tornò quindi protagonista la tematica dell’ambiente, su proposta di due organizzazioni ambientaliste, il coordinamento nazionale No Triv e l’associazione A Sud Ecologia e Cooperazione Onlus, che sottoposero alle regioni una proposta di referendum popolare, da indire non con una raccolta firme, ma tramite il potere d’iniziativa che la Costituzione attribuisce alle regioni stesse. Nove furono le regioni che lo promossero: Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto.
Da una parte il fronte del sì sottolineava i pericoli di inquinamento e di danni irreversibili all’ambiente marino e costiero che sarebbero sorti dalle perforazioni in mare. Sosteneva la necessità di politiche che andassero verso lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili al posto dei combustibili fossili e paventava possibili danni ad attività economiche tradizionali come pesca e turismo.
Dall’altra, il fronte del no che sosteneva l’assenza di ripercussioni su queste due attività, nonché lo scarso impatto ambientale e la compatibilità delle trivelle con la lotta al cambiamento climatico.
L’85,85% degli elettori si espresse favorevolmente per l’abrogazione della norma incriminata, ma il risultato non fu sufficiente per cancellarla definitivamente, dal momento che, a votare, si recò solamente il 31,19% degli aventi diritto. Una percentuale molto lontana da quella del 50% più un elettore richiesta dalla legge.
Si confermò, dunque, ancora una volta la tendenza crescente all’astensionismo che era già emersa sin dalla fine degli anni 70%, quando la crisi della politica cominciò ad esplodere e a manifestarsi in tutta la sua evidenza. Un risultato deludente nonostante la tematica ambientale conservasse nell’opinione pubblica ancora un peso niente affatto indifferente, come dimostrato, negli ultimi anni, anche a Bitonto dalle lotte contro discariche, termovalorizzatori, antenne e altro. Fu del’40,96% l’affluenza cittadina. Dato conforme a quello pugliese. Un maggiore interesse dato dal fatto che, essendo quasi interamente circondata dal mare, la nostra regione era maggiormente coinvolta dalla questione e sentiva maggiormente la responsabilità di preservare l’ambiente. Ma tutto ciò non servì. La scarsa affluenza spense qualsiasi speranza di abrogare quella norma accusata di consentire perforazioni in mare in grado di causare danni irreversibili all’ambiente marino e costiero.
«La partecipazione al voto di domenica 17 aprile, a nostro avviso, è di fondamentale importanza per due motivi» scrissero dalla sezione cittadina “Pietro Nenni” del Partito Socialista Italiano, indicando due principali motivi per recarsi alle urne e votare sì: «Il primo: l’istituto referendario rappresenta la più alta manifestazione di partecipazione popolare alla vita democratica del Paese. Pertanto il voto referendario non va né abusato, né sciupato. Di conseguenza è fondamentale che tutti i cittadini confermino la propria volontà di non voler rinunciare ad esercitare questo diritto/dovere recandosi alle urne ed esprimendosi su temi importanti, come quelli ambientale ed energetico, che riguardano il futuro delle nuove generazioni. Il secondo: com’è noto l’energia ricavata da idrocarburi, il petrolio su tutti, è in via di esaurimento su scala planetaria. E il nostro Paese che ancora oggi dipende dalle importazioni da paesi terzi per il proprio fabbisogno energetico, non può continuare ad affidarsi ancora in massima parte a questa fonte energetica esauribile, sia pur adottando tecnologie d’avanguardia. È pertanto di vitale importanza cambiare pagina! Occorre darsi un piano energetico di lungo termine basato sulla ricerca e lo sfruttamento di fonti rinnovabili di energia, che non mettano a rischio la sopravvivenza della vita sul pianeta Terra».
All’appello al voto si unì anche il movimento civico Progresso Democratico, presieduto da Emanuele Sannicandro, che, parafrasò l’appello al non voto fatto nel 1991 da, Bettino Craxi che invitò gli italiani ad andare al mare piuttosto che esprimersi sul referendum sulla legge elettorale.
«Qualcuno diceva “Non andate a votare, andate al mare”, noi andiamo a votare proprio per continuare ad andare al mare!» fu il messaggio di Sannicandro.
Due furono i comitati referendari che si costituirono contro quella legge voluta dal governo Renzi. Il primo fu il Comitato per il Sì contro le trivelle, iniziativa di diverse realtà impegnate da tempo sul territorio di Bitonto, in campo culturale, politico e ambientale, e di stampo trasversale.
«Se vogliamo mettere al riparo i nostri mari dalle attività petrolifere e dare una spinta verso le energie rinnovabili occorre votare Sì. In questo modo le attività petrolifere andranno progressivamente esaurendo secondo la scadenza fissata al momento del rilascio delle concessioni. Si tratta di un passo importante per uscire dall’era del petrolio. Il tempo delle fonti fossili è scaduto, il 17 aprile votiamo sì perchè il Paese ha bisogno di energia pulita e rinnovabile» scrissero nel loro appello al sì.
Da destra, invece, sorse il Comitato No Triv, di cui fece parte il circolo locale di Forza Italia. Si inaugurò l’8 aprile nell’allora sede cittadina in via Traetta 2.
«Viviamo anni di stagnazione economica: sarebbe dunque incredibile continuare a farci del male, giacché la pesca e il turismo sono importanti risorse per tutti noi. Le nostre meraviglie devono poter continuare ad attrarre movimento e flusso turistico come da sempre fanno, altro che trivelle e mari “bombardati”» fu l’appello al sì dell’allora consigliere regionale Domenico Damascelli.
Diverse le iniziative messe in campo per invitare gli elettori al voto. Dalle postazioni informative allestite in diversi punti del centro cittadino, alla presentazione del libro “L’impatto ambientale del petrolio in mare e in terra“, libro di Albina Colella e Massimo V. Civita. Un’occasione, quest’ultima, per illustrare le conseguenze importanti causate dagli impatti ambientali dell’estrazione e della produzione di petrolio e gas naturale.
Una vasta partecipazione, dunque, che tuttavia non fu sufficiente, a Bitonto come in tutta Italia, ad annullare quanto deciso dal governo Renzi.