Forse, è vero che uno spettatore va a teatro per ritrovare sé stesso e il suo tempo. Già, perché quando l’opera che va a vedere è un piccolo capolavoro, allora capita che le vicende narrate sappiano, in un volo a mezza via fra onirico e reale, valicare i decenni e piombare qui ed ora, sedendosi accanto, in platea. “Uno sguardo dal ponte” – acconcia metafora per descrivere mondi che si incontrano non prima di essersi scontrati – di Arthur Miller, che alla prima volle in prima fila la celebre consorte Marilyn Monroe, racconta con agrodolce crudezza l’America degli anni Cinquanta e lo fa tramite Alfieri (imponente Michele Nani), che potremmo ribattezzare “advocatus inventor”. Egli, infatti, simbolicamente zoppo, ad ogni piè sospinto, ribadirà l’importanza cruciale delle leggi da rispettare ognora, pure quand’esse cozzino atrocemente col desio di libertà. Il porto di Brooklyn è un’ombra nera sullo sfondo dove si lavora da mane a sera e attaccano navi piene zeppe di emigranti italiani. Anche Eddie Carbone – Massimo Popolizio, strepitoso mattatore e regista – lo era, prima di far fortuna e divenire imprenditore portuale. Sposato con Beatrice (forte e convincente Valentina Sperli), donna avvenente, ha adottato la giovane nipote rimasta orfana, Caterina – maiuscola la performance plastica e vera della bitontina chiomafiammeggiante Gaja Masciale -, per la quale prova un sentimento d’affetto quasi morboso. La piccola, che pure serba gratitudine per lo zio, conoscendone anche i più intimi segreti, è ansiosa di vivere la vita e andar lontano per far la stenografa, veste gonne più ardite del solito, ascolta musica jazz. Ed è sempre combattuta fra la sfida e l’obbedienza. All’improvviso, la trama familiare viene bruscamente stropicciata dall’arrivo di due parenti siciliani della moglie. Marco (Raffaele Esposito, filologicamente perfetto), tradizionalista tutto d’un pezzo, e Rodolpho (Lorenzo Grilli, allegro e pur malinconico), estroso fanciullo che sogna di fare il cantante. Il primo vorrebbe rimanere per guadagnar qualcosa e poi tornare in patria dalla sua famiglia. Il secondo vorrebbe immergersi di tra le luci sberluccicanti di Hollywood. Ma il crine troppo biondo lo rende sospetto agli occhi iniettati di gelosia di Eddie, che teme che l’artista voglia portarsi via Caterina, sposandola solo per restare in terra americana. Roso da questo tarlo assurdo, Carbone segnala i due clandestini alla polizia statinitense, che d’un subito li arresta, non prima di averli manganellati a dovere. Tuttavia, il picciotto baffuto giura che si sarebbe vendicato. E così sarà, a colpi d’inesorabile lama. Eddie stramazza sul palcoscenico, mentre Alfieri chiede pietà per lui, perché, nonostante tutto, aveva “un cuore puro”. Il silenzio fra poltrone e palchi viene rotto da un fragoroso ed emozionato applauso, che ha lasciato pensosi i presenti, che non hanno avuto bisogno di uscire dal “Piccinni” per rincontrare il mondo…