La più grave pandemia botanica del secolo, portata da un batterio in grado di uccidere i giganti che popolano le nostre campagne. Un flagello contro cui ancora non esiste, che sta avanzando verso nord, minacciando i territori agricoli dell’Unione Europea e del bacino del Mediterraneo.
Stiamo parlando della xylella, che sta uccidendo milioni di alberi d’ulivo, stravolgendo paesaggio, economia e relazioni umane. È il tema di “Il Tempo dei Giganti”, documentario di Davide Barletti, Lorenzo Conte, realizzato da Dinamo Film, liberamente ispirato al libro di Stefano Martella “La morte dei Giganti. Il batterio Xylella e la strage degli ulivi millenari“, edito da Meltemi. Il film narra il viaggio di Giuseppe verso la terra del padre, nella piana degli ulivi monumentali. Terra in preda alla desertificazione, al cambiamento climatico e, appunto, alla xylella, nemico invisibile che minaccia la nostra esistenza e contemporaneamente come capacità dell’essere umano di immaginare il proprio futuro. Il protagonista, voce narrante del documentario, dovrà spiegare all’anziano contadino come la loro vita sarà sconvolta da questo batterio invisibile, che si sta diffondendo in Europa.
Il film è attualmente in programmazione in diverse sale in tutta Italia ed è stato presentato martedì al cinema Coviello. Un anno non casuale, il 2023, per un film che parla di xylella. Quest’anno, infatti, ricorre il decennale dell’arrivo nelle campagne pugliesi di questo terribile flagello, come ha ricordato Domenico Saracino, giornalista, sottolineando come l’opera restituisca all’argomento quella complessità spesso negata sa schiere di negazionisti e complottisti in cerca di soluzioni più semplici atte ad individuare non la verità, ma capri espiatori da additare verso una parte di opinione pubblica sempre pronta a gridare contro presunti complotti del potere.
«È un film necessario, ma che non avremmo mai voluto fare» confessa Lorenzo Conte, uno dei registi, che, descrivendo l’opera, sottolinea come il film, oltre che parlare del problema, dedica la sua seconda parte al futuro dell’agricoltura, cercando di infondere anche un po’ di speranza dopo anni di devastazione.
«L’ulivo, dal punto di vista antropologico, ha cambiato il destino della società occidentale, sin dall’antica Grecia, quando iniziò a diffondersi nelle nostre terre» spiega Stefano Martella, autore del libro da cui è tratto il documentario: «È al dentro delle lotte sociali per il sostentamento di intere famiglie. Ha un ruolo cruciale nello sviluppo dei nostri centri storici, essendo la produzione olivicola centrale nella storia delle nostre città. Molte città, nel loro stemma, hanno l’ulivo. E, forse, questa pandemia che sta decimando gli alberi è una metafora del decadimento della nostra società».
«Ho speranza nell’uomo, ma vedo mancare la capacità di reazione, sopraffatta dalla rassegnazione» è, invece, il commento di Pierfederico La Notte, ricercatore del Cnr, che appare anche nel documentario, tra gli esperti intervistati: «Negli ultimi anni c’è stato un effettivo rallentamento della xylella, sia per le diverse caratteristiche del territorio del barese, rispetto al Salento, sia per le politiche di contenimento. Ma la xylella continua ad avanzare lungo la linea adriatica e verso lo Jonio. Tutti devono fare la propria parte. La stampa che deve continuare a far luce sul problema e la politica che non dedica mai abbastanza risorse alla prevenzione».
Un tema su cui torna anche Francesco Brandi, assessore all’Agricoltura: «Siamo abituati a pensare agli ulivi solo come elemento della nostra economia. C’è disaffezione, in tanti, verso le tematiche legate all’ambiente e lo vediamo anche in quei cumuli di rifiuti abbandonati nelle campagne. Sembra che sia un problema che riguardi solo i proprietari dei terreni. Forse, questa piaga d’Egitto che è la xylella è venuta a svegliarci. Dobbiamo tutelare il nostro patrimonio e opere come questa contribuiscono a diffondere la coscienza e la conoscenza dell’argomento. Auspico, dunque, anche la diffusione nelle scuole».