Alessandro Ballan è una pertica d’uomo, ha naso affilato e occhietti come due feritoie, elargisce lieti sorrisi con bella generosità, che sembrano un poco incrinati di malinconia. È stato un asso della pedivella, ha conosciuto altari e polvere, si è issato sulla vetta dei sogni di un ciclista per ruzzare perfino nel botro delle tristezze. Per questo, le sue parole hanno significato doppio.
Prima, lo sguardo tecnico: “Ma che splendida Sanremo, e secondo me Pippo Ganna ne aveva ancora e poteva tentare la stoccata vincente. Ormai, è pronto per le classiche ed ha raccolto tanti risultati, che può imporre lui le condizioni alla sua squadra. È chiaro che le grandi corse a tappe non sono nelle sue corde“.
Poi, la voce del cuore. Già, perché ogni volta che gli appassionati si ritrovano per parlare di ciclismo, il discorso non può non cadere sulla dolorosa vicenda del più grande scalatore di tutti i tempi, il Pirata, l’esile indistruttibile Pantadattilo di Gianni Mura, che arringava le folle adoranti a colpi di pedale e mani sotto il manubrio, specie se ad organizzare l’incontro – con tanto di prestigiosi relatori – è un’associazione benemerita che si chiama “Amici di Marco”, guidata con savia lungimiranza dall’infaticabile avvocato Gaetano Giampalmo: “Io sono convinto che Marco sarebbe ancora vivo se avesse avuto una compagna e dei figli. Anche io ho vissuto un periodo buio, sei interminabili anni su e giù per tribunali per un’accusa di doping, dalla quale, alla fine, sono stato assolto, ma ho attraversato momenti in cui manco volevo uscire di casa, vedevo la bici e avrei voluto prendere un martello per distruggerla“.
Il campione iridato sa bene a chi deve rivolgere la sua commossa riconoscenza: “Grazie a mia moglie e alle mie stupende bimbe. Loro mi hanno aiutato a non sbagliare, a non eccedere, quando magari sarebbe stata grande la tentazione. Solo a loro devo il fatto di non essere mai andato oltre né mai ho preso sostanze, che, all’apparenza, aiutano a dimenticare. Cosa che, purtroppo, è successa a Pantani“.
Così, oggi, Alessandro è felice tra la gente, come quando veniva abbracciato da tutti dopo aver tagliato per primo un traguardo: “Il ciclista è diverso dagli altri sportivi: un appassionato di tennis non giocherà mai con Nadal, un appassionato di calcio non farà mai una partita col suo beniamino. Invece, il ciclista ama stare con la gente, pedalarci insieme, è tutt’altro che inarrivabile“.
Se, poi, la terra che lo ospita e rigogliosa di frutti ed amicizia, ancora meglio: “Avete un clima eccezionale e vi invidio, su da noi c’è sempre nebbia. E poi, qui si mangia divinamente, la prossima volta verrò con mia moglie e le mie figlie”, è la gioiosa promessa di questo eroe dell’anticavallo breriano, uno che ha dentro tutti i cieli e tutte le meraviglie che può custodire un uomo vero che abbia attraversato il globo terracqueo in sella ad un’amata bici...