Forse perché affascinati dalle mirabolanti avventure dell’impavido John Wayne, forse perché, certi giorni, la nostra scuola somigliava davvero al far west, per noi quell’uomo lì, esile e forte come un chiodo, con due baffetti arguti, un vago scintillio in fondo agli occhi, la “erre” aristocratica, era “lo sceriffo”. Sì, facile nomignolo dedicato a chi, per solito, ha l’ingrato compito di far rispettare le regole, in un determinato contesto. Tuttavia, questa volta, il tutore della legge designato aveva un quid in più. Sì, non era solo alieno da comode indulgenze, ma pure sagace, comprensivo, oserei persino dire sensibile, ed il mio osare riguarda il luogo impervio, non la persona eccelsa. Sempre senza mai derogare da un autentico senso di giustizia non cieco e ottuso. Lui era il professor Vito Orofino, preside – sì, proprio così, colui che plana su tutti con l’autorevole leggerezza di chi sa, non essendo ancora “dirigente scolastico” – della gloriosa Scuola Media Statale “Vincenzo Rogadeo”. Scalinata sontuosa, facciata monumentale, scritta in lettere di bronzo, volte chilometriche e basole grandi e lucenti: uno spettacolo. Sorgeva di là del ponte di Santa Teresa e abbracciava pure i figli più scanzonati, scapestrati e, spesso, poverissimi, del nostro centro storico. I docenti, eroici, sembravano essere stati prescelti per quell’avamposto di cultura e legalità, nonostante tutto. E a capo di questo manipolo di esemplari educatori c’era il prof. Orofino, che coniugava mirabilmente severità e saggezza, polso e carezza, decisione e comprensione. Oggi, è andato in pensione da questa terra – ho incontrato sul web il suo volto in foto, con grata emozione – ed io so già chi troverà fra le stelle a leggergli il discorso di benvenuto…