Consultando l’Annuario Storico Statistico Commerciale di Bari e Provincia, redatto a cura e spese di Domenico Mele di Gaetano, 1882-1883, Bari, Stabilimento tipografico F. Petruzzelli e Figli, apprendiamo che nel 1883, nella nostra Bitonto, vi erano ben 4 Mulini a vapore appartenenti a:
Bonavoglia Francesco, ubicato in via Cappuccini; Brienzo Antonio fu Giuseppe, in Largo San Lione; Piacente Vincenzo, in via Cappuccini; Rogadeo Girolamo, in Largo Santa Teresa.
La diffusione dei mulini a vapore, che fecero la loro prima comparsa in Puglia già a partire dall’ultimo quarto del secolo XIX, divennero molto utili nei piccoli centri urbani e nelle circostanti campagne, come è avvenuto anche a Bitonto.
Qui prevalse la piccola “industria domestica” demandata al “Centimolo” (nome con il quale volgarmente si indicava il Mulino), che riusciva a soddisfare la popolazione locale.
Infatti Giuseppe Florio, nel suo noto saggio: “L’Ingegnere mugnaio, Manuale pratico per gli ingegneri civili incaricati delle perizie giudiziarie delle quote fisse nei molini forniti da contatore meccanico” (Napoli 1871), scriveva:
“L’abbondanza dei pascoli, la scarsezza di abitanti, il poco aggiornamento di essi e soprattutto le difficoltà dei mezzi di comunicazione ha reso necessario e conveniente, in quella regione (Puglia) l’impiego su larga scala della forza animale, e migliaia di piccoli mulini, detti “Centimoli”, anche se ora sopperiscono ai bisogni di quelle popolazioni”.
Il mulino a vapore è stato un mezzo che ha avuto un ruolo principale nell’alimentazione dell’uomo, le sue macine giravano con la forza vapore di acqua riscaldata nella caldaia con fuoco alimentato dalla combustione di paglia o di legna. Esso ha sostituito quasi completamente il mulino ad acqua ed il mulino a vento dal XVIII secolo. Costituito da una o più coppie di macine tradizionali in pietra, quest’ultime movimentate da motori a vapore, caratterizzati da una caldaia nella quale sostanze liquide venivano trasformate in vapore che agiva su di uno stantuffo, il quale, per mezzo di appositi meccanismi a bielle e manovella, trasmetteva il moto ad una puleggia motrice. La sede del mulino era molto ampia perché, oltre ai macchinari e alle varie attrezzature, occorreva spazio per il deposito dei sacchi di grano e di farina. Il mulino era, grosso modo, così composto: una grossa piattaforma orizzontale fissa su cui girava veloce una grossa ruota anch’essa di pietra.
Dalla tramoggia, poi, scendeva il grano che veniva triturato e macinato a seconda della richiesta del cliente. La prima categoria era una farina fina, libera da ogni impurità; vi era poi una categoria media e, infine, vi era la terza, quella dei più poveri, con la crusca non del tutto separata.
La conduzione del mulino a vapore di Largo Santa Teresa era gestita dal signor Rogadeo Girolamo che, insieme con i propri figli, svolgeva la mansione di “mugnaio”, trasformando i cereali in farina. Purtroppo nel tempo questo antico mulino a vapore, a causa della molta manutenzione dei macchinari, ormai molto deteriorati ed obsoleti, non più idoneo allo scopo, fu abbandonato e verso la metà del Novecento fu totalmente distrutto per dare posto a nuove strutture abitative.