Le elezioni amministrative del 2012 ebbero, come risultato, la vittoria della coalizione guidata da Michele Abbaticchio e, dunque, riportarono Bitonto nel tradizionale alveo del centrosinistra, dopo la breve parentesi di centrodestra (se pur con una componente di sinistra fortemente presente) di Raffaele Valla. E avviò la lunga era Abbaticchio, destinata a cambiare totalmente la politica cittadina e il modo di rapportarsi ad essa. Nel bene o nel male.
Giovane sindaco all’epoca neanche quarantenne, in precedenza funzionario esperto di fondi europei, presentatosi come abile nell’intercettazione di preziose risorse per la città, Michele Abbaticchio seppe sin da subito imporsi come personaggio carismatico del centrosinistra (nonostante, secondo alcune voci mai confermate, ma neanche smentite, fosse stato inizialmente adocchiato dal centrodestra come suo possibile candidato).
Ma quali furono le caratteristiche della figura di Michele Abbaticchio?
Tra i primi elementi fondanti dell’agire politico di Abbaticchio ci fu una narrazione fortemente antipolitica. Un’antipolitica che sfruttava il civismo e il giovanilismo come armi da sfoderare contro la politica tradizionale, accusata di opprimere la città, di essere chiusa tra le mura delle sedi partitiche e di non dare spazio ai più giovani.
Secondo la narrazione abbaticchiana, era necessario liberare la città, come recitava lo slogan maggiormente utilizzato dalla compagine: “LiberiAMO Bitonto”.
Così, nel marzo 2012, il candidato sindaco vincente spiegò il senso del suo slogan: «Lo slogan é proposto in due significati. Amo Bitonto, coniugato alla prima persona singolare, coinvolge ogni singolo cittadino nel rapporto stretto che ha con la propria città; amo Bitonto è anche la dichiarazione primaria del candidato sindaco. Liberiamo Bitonto, coniugato alla prima persona plurale, indica il passaggio dall’amore che ogni cittadino prova nei confronti della propria città alla volontà di unire le forze per parlare e agire come comunità civica. A sua volta, Liberiamo Bitonto è uno slogan con significato duplice. Liberiamo Bitonto, in cui il verbo liberare è usato nella sua accezione di sollevare, sciogliere un legame, rendere libero da tutto quello che la tiene legata: le vecchie logiche elettoralistiche, la precedente amministrazione, il senso di insicurezza e tutto ciò che di negativo blocca la nostra città. Liberiamo Bitonto, in cui il verbo liberare è usato in senso figurato a significare un modo di essere o sentire, come fosse una liberazione di energie, uno scatenare il positivo che è ora oppresso nella città».
Quella del neosindaco, ricordiamo, era una coalizione composta quasi solamente da liste civiche. Fattore, questo, che fu anche elemento di sfottò da parte dell’altra coalizione di centrosinistra, con l’accusa di incapacità di avere influenza al di là del territorio di Bitonto.
La presenza tra le liste a sostegno di “Giovani per Michele Abbaticchio” e di “Per un cambio generazionale vero” stava a dimostrare l’impostazione giovanilista della giunta che vinse l’appuntamento del 6 e 7 maggio 2012.
La narrazione giovanilista fu, infatti, un altro degli elementi fondanti della politica abbaticchiana. Almeno inizialmente, fu una delle leve per ottenere i voti di una fascia di popolazione ormai da anni lontana dalla politica attiva e dalla militanza in partiti politici. Sempre più indifferente, disinteressata. Come, del resto, sottolinearono anche in un comunicato alcuni dei ragazzi che sostennero il funzionario comunale nella sua conquista di Palazzo Gentile: «Noi, una pluralità di ragazze e ragazzi impegnati nel nostro territorio, come singoli, associazioni o organizzazioni politiche, siamo la Bitonto Attiva, la Bitonto che sogna, spera, si mobilita per il bene comune. Noi abbiamo percorso le strade e colorato le piazze nel sostegno alla coalizione di Michele Abbaticchio e sentiamo la necessità di liberare Bitonto dall’arroganza del potere, dalla distanza tra chi governa e noi giovani, dall’indifferenza. […] Noi siamo convinti che amplificare il dialogo tra chi amministra e i soggetti direttamente interessati, attraverso nuovi strumenti partecipativi e grazie ad una maggiore sensibilità critica, sia la strada giusta per superare il vuoto governativo sulle esigenze dei giovani. Pianificare insieme, per liberare la creatività».
Una narrazione che prendeva tantissimo dalla retorica made in Puglia di Nichi Vendola che, solamente due anni prima, era stato l’autore dell’esperimento delle Fabbriche di Nichi, sulla cui natura antipolitica e antipartitica abbiamo già avuto modo di parlare nel corso di questa rubrica.
Diverse furono le iniziative promosse e portate avanti da Michele Abbaticchio e dalla sua coalizione per i giovani.
Tra questi, il cosiddetto “Governo Luce”, organo politico incaricato dal sindaco e dalla sua giunta istituito per monitorare l’attuazione del programma di governo, impegnandosi su specifiche progettualità, coadiuvare l’amministrazione nella proposizione di progettualità specifiche e fornire un contributo innovativo alla migliore realizzazione di progetti. Il gruppo era formato da nove ragazzi tra i 20 e i 30 anni, e si insediò all’indomani delle urne del 2012.
Un’accezione antipolitica di questo strumento proposto e messo su da Abbaticchio era già data dalla denominazione, con il sostantivo “luce” che lascia intendere una contrapposizione al buio della politica tradizionale, chiusa nei palazzi. Una politica su cui bisognava, appunto “fare luce” per monitorare la gestione della città.
Altra iniziativa fu l’istituzione di un Centro di Aggregazione Giovanile che si insediò nel centro storico con il fine di riunire «tutte le associazioni e i giovani della città di Bitonto per cominciare un percorso condiviso e perseguire attività che aggreghino tutta la cittadinanza».
Ma il giovanilismo di Abbaticchio si rivelò ben presto mero strumento di retorica e propaganda, tanto che sia il governo luce, sia il centro di aggregazione giovanile esaurirono ben presto quell’entusiasmo postelettorale, spegnendosi e ponendo fine a quella partecipazione giovanile che, lungi dall’eguagliare la militanza che un tempo era vanto dei tradizionali partiti politici, si rivelò alquanto effimera. Come quella che, del resto, due anni prima aveva caratterizzato l’esperienza delle Fabbriche di Nichi a livello regionale, promosse in campagna elettorale come strumento per mobilitare i giovani e per dar loro la possibilità di esprimersi e poi lasciate morire dopo le urne. Rivelandosi niente altro che mera propaganda. Le stesse liste civiche che avevano fatto leva, nel 2012, sui giovani si rivelarono meri strumenti elettorali pensati per far eleggere determinati candidati consiglieri (neanche necessariamente giovani). Liste personali destinate a non sopravvivere alle urne e a non alimentare quella partecipazione giovanile vista in campagna elettorale.
Altro elemento caratterizzante la nuova fase politica aperta a maggio 2012 fu la maggiore personalizzazione della politica, incentrata sulla figura carismatica di Abbaticchio. Una figura che fu in grado di ritagliarsi un consenso personale che prescindeva dalle appartenenze politiche e dalle liste a suo sostegno. La personalizzazione riguardò anche la comunicazione politica. La sua, ma anche quella degli avversari.
A tutto ciò contribuirono i social network che, da essere quasi totalmente assenti nella comunicazione politica precedente (fatta eccezione per qualche singolo consigliere), divennero preponderanti, finendo per scavalcare e ridurre il ruolo dell’ufficio stampa inteso nella maniera più classica, che venne invece depotenziato, a vantaggio di una comunicazione gestita personalmente dal sindaco e dai componenti della sua giunta.
La stessa partecipazione di Abbaticchio all’esperimento denominato “Italia in Comune” fu dimostrazione di una personalizzazione della politica che era elemento fondante del suo agire politico. “Italia in Comune” infatti era una sorta di cartello che traeva la propria forza dalle figure di singoli sindaci, una sorta di partito dei sindaci come più volte era stato promosso. Con connotazione prevalentemente di centrosinistra, ma dall’identità non netta e definita all’interno di un insieme chiaro e riconoscibile di valori politici.
Sfumatura delle identità politiche tra le forze interne alla compagine di maggioranza fu, del resto, altro elemento dell’era Abbaticchio. Soprattutto a partire dal secondo mandato, la coalizione iniziò ad accogliere al suo interno anche alcuni personaggi e alcune forze che prima lo avevano avversato, pescando sia nel centrosinistra che prima lo aveva sfidato, sia nelle fila del centrodestra. Diversi furono, infatti, gli elementi di centrodestra che, nascosti dietro la maschera del civismo, entrarono nella compagine pro-Abbaticchio. Fenomeno questo, che, del resto, si stava imponendo anche a livello regionale con l’avvento alla presidenza pugliese di Michele Emiliano. Ma di questo ne parleremo più in là.