(di Donato Rossiello, Nico Fano)
Quello appena trascorso è stato archiviato dagli analisti in ambito finanziario come uno degli anni più complessi della storia. Alla vigilia infatti, dopo gli squilibri innescati dalla pandemia di Covid-19, ci si aspettava un periodo di normalizzazione dei mercati…
Eppure il 2022 è risultato eccezionale. Sullo scenario geopolitico ed economico si sono abbattuti “shock”, fra tutti lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina oppure la complessa gestione pandemica in Cina. Da non trascurare nemmeno l’ulteriore impennata inflazionistica che ha indotto le Banche Centrali di mezzo mondo ad inasprire con polso fermo le proprie politiche monetarie.
Di conseguenza molte asset class ne risultano ridimensionate nel valore, basti pensare ai Treasury 10Y con la performance annuale peggiore dal 1788 o l’S&P 500 con il quarto peggior risultato dal 1945! E avremmo segnato dati ancora più eclatanti se non fosse per quei sussulti negli scampoli di 2022.
Sul fronte delle materie prime segnaliamo intense oscillazioni nei grafici. Protagonista in tal senso il gas naturale europeo, tracciando un’ascesa senza precedenti con il picco d’agosto sopra i 300 euro/MWh, salvo rientrare a livelli pre-conflitto (merito degli sforzi nel sostituire gran parte delle forniture russe e il raggiungimento di un accordo sul price cap tra i Paesi UE, non da meno il clima invernale finora mite che ha consentito il mantenimento di un elevato livello di scorte).
Ma dove c’eravamo lasciati? Nell’ultimo periodo l’inflazione ha iniziato a mostrare segnali di affievolimento, sostenuti dal calo delle materie prime nonché dalla graduale risoluzione degli squilibri nelle catene di fornitura. A dicembre la variazione annua dell’indice dei prezzi al consumo è scesa, in USA al 6,5% (il picco toccato a giugno segnava 9,1%), nell’Eurozona al 9,2% (prima flessione dal 10,6% di ottobre). Le previsioni indicano poi un rientro di circa il 3% entro la fine dell’anno; ciò consentirebbe alle Banche Centrali di moderare il passo dei rialzi dei tassi, viste le recenti riunioni di Federal Reserve e BCE.
Nel frattempo la crescita, pur subendo una frenata sostanziale, risulta sorprendentemente resiliente. Negli Stati Uniti è scesa sotto il potenziale ma viene sostenuta dal solido mercato del lavoro e dalla tenuta dei consumi. L’economia del Vecchio Continente, più vulnerabile alla crisi energetica, ha continuato comunque a progredire a buon ritmo. Oltre le aspettative anche l’Italia, con un incremento PIL pari al 3,9% a fine del terzo trimestre. Il succitato rallentamento dovrebbe avere un’entità piuttosto moderata – lo confermano gli indicatori del sentiment delle imprese (considerati importanti anticipatori del ciclo economico) in parziale miglioramento sia a novembre che dicembre.
Stando a quanto osservato il 2023 inizia quindi con timidi recuperi e delle evidenze positive, alcune ancora in divenire.