Il 2010 fu l’anno della riconferma di Nichi Vendola alla guida della regione Puglia. Sostenuto da Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà. Italia dei Valori, Puglia per Vendola, Federazione della Sinistra – Verdi, Lista Bonino Pannella, il governatore uscente fu riconfermato con il 48,69% dei consensi. Battendo lo sfidante del centrodestra Rocco Palese, ferma al 42,25% e sostenuto da Popolo della Libertà, Puglia Prima di Tutto, Pugliesi per Rocco Palese, Udeur, Partito Pensionati. Una vittoria avvantaggiata dalla divisione nello schieramento avversario. Nel centrodestra, infatti, a contendersi la carica di presidente, c’era anche Adriana Poli Bortone, sostenuta da Io Sud – MpA e Udc (8,71%). Mentre, a sinistra, oltre Vendola c’era solamente Alternativa Comunista con Michele Rizzi, coalizione dallo 0,30%.
Fu il Popolo della Libertà, tuttavia, ad ottenere il maggior numero dei consensi, con il 31,11% contro il 20,76% del Partito Democratico.
Molto più alta fu la percentuale dei consensi ottenuti a Bitonto da Vendola. Il 54,25% fu la percentuale dei voti raggiunta dal governatore di Terlizzi, mentre Palese si fermò al 39,43% (Poli Bortone 6,03%, Rizzi 0,29%).
Una vittoria, che, come abbiamo già detto qualche appuntamento fa, fu il risultato di una campagna elettorale che fece perno sull’uso delle piattaforme multimediali divenne perno. Grazie soprattutto a Facebook e Twitter, Vendola e il suo staff, composto da agenzie di comunicazione, spin-doctor, collaboratori che lo avevano accompagnato nel quinquennio di governo precedente, crearono e collegarono tra loro le “Fabbriche di Nichi”, nate per essere «l’embrione di un soggetto politico nuovo e autonomo». Un embrione autonomo specialmente dai partiti, che o erano ostili, o totalmente inconsistenti, come il suo stesso partito, Sel. Dai siti web di Vendola e della Fabbrica e dalla pagina Facebook del governatore, partì un’intensa campagna di marketing, condotta dallo staff della Fabbrica Zero, quartier generale delle Fabbriche di Nichi, sito nel centro della città di Bari. Una campagna che portò alla crescita esponenziale dei sostenitori e che gli permise un cambio di strategia rispetto a cinque anni prima. Non più il giro delle piazze, delle sedi di partito, delle associazioni e dei sindacati. I comizi furono pochi e la campagna elettorale assunse sempre più lo stile delle competizioni politiche negli Stati Uniti d’America. Al posto delle bandiere di partito si innalzarono i cartelli con la scritta “Vendola presidente”. Fu creato un vero e proprio merchandising per l’autofinanziamento e si attuò una vera e propria americanizzazione della competizione elettorale.
Naturalmente, come abbiamo già detto, la vittoria del 2010 non fu decretata solo da questi nuovi strumenti di comunicazione. Anzi, tutt’altro. Il fattore principale fu la divisione del centrodestra, presentatosi frammentato in due coalizioni.
Ma, indubbiamente, il web consentì di coinvolgere una nuova categoria di elettori, i giovani mediamente istruiti, abituati all’uso delle tecnologie, magari disillusi e non legati a nessun tipo di militanza politica o a rapporti particolaristici con i politici.
Abbiamo già parlato del fenomeno Vendola e non ci torneremo ulteriormente. Torniamo, invece, a Bitonto. Perché quella del 2010 fu anche la campagna elettorale che vide contrapposti il vicesindaco in carica, Domenico Damascelli, e un ex sindaco, Nicola Pice. Anzi, due ex sindaci dato che, in un primo momento, provò a candidarsi anche Michele Labianca, prima di ritirare la propria candidatura.
Tra i due candidati rimasti, nessuno riuscì ad accedere al consiglio regionale, non ricevendo l’appoggio compatto delle coalizioni di appartenenza.