Un tempo, straniante era il sospetto che il virtuale potesse soppiantare, pericolosamente sovrapponendosi, il reale. Sì, che tutto il mondo del web, quello vicinissimo un click e, in verità, irraggiungibile, prevaricasse la concreta quotidianità. Poi, il consueto timor panico di un diabolico oggetto tecnologico è andato quotidianamente sfarinando per lasciare il posto all’atavica certezza: come che sia, a far la differenza è sempre l’uomo che lo utilizza a far la differenza. E così, la sorprendente scoperta dell’idrico calore: l’essere umano che smanetta dietro un monitor, mini o maxi che sia, è il medesimo che incontri per strada. Al netto della complice segretezza della maschera internautica, non cambia poi molto. Logica conseguenza, presto i social si sono trasformati in conventicole di soloni onniscienti oppure in sordide cloache di individui già ampiamente malvissuti. E via con video di mazzette di banconote sventolate con becera sfrontatezza, armi ostentate con estrema disinvoltuta, minacce mortifere proferite con accanita leggerezza. Tanto, o direttamente al destinatario o a qualche suo parente – secondo le modalità della faida mafiosa – il messaggio malaugurante, alcune volte pomposamente enunciato da qualche poco stilnovistica rappresentante del gentil sesso – fronte rigorosamente corrugata, espressione inferocita, mimica esplicita, dialetto imastardito da slang carcerario -, prima o poi arriverà. Ebbene sì, nell’universo variegato e persino divertente di Tik tok alberga anche il nuovo codice comunicativo della malavita organizzata. E vien da pensare che, se potessero, sbucherebbero dallo schermo di uno smartphone con tanto di bici elettrica a spacciare in casa tua…