Mi permetto di segnalare a quanti hanno a cuore il tema dei beni architettonici e paesaggistici della lama Balice un articolo rigorosamente scientifico pubblicato nel marzo 2008 nel numero 83-84 di Studi Bitontini. Ne è autore l’architetto Tommaso Maria Massarelli, che può vantare una grande esperienza nel campo degli interventi sul patrimonio architettonico e sul paesaggio con particolare declinazione per la diagnosi dei dissesti, il consolidamento strutturale antisismico e il recupero funzionale degli edifici. Tale studio affronta tra l’altro la questione dei ponti e delle strade ma nondimeno la situazione degli argini naturali e artificiali della lama Balice, argini funzionali al contenimento delle masse terrose lungo i bordi della lama e luoghi in cui la lama si fa architettura.
La parte di questo studio che mi preme richiamare è quella conclusiva lì dove si affronta la questione dell’alterazione e della avanzata fatiscenza di questi beni architettonici, per cui si richiede una loro salvaguardia che l’autore del saggio ritiene possibile solo attraverso una riqualificazione consapevole dell’intera macroarea.
“Il buon stato di un ponte dipende anche dalla cura dei rilevati che in esso convergono, dalla rimodulazione dei terreni d’alveo, dal controllo della massa vegetale. La de-funzionalizzazione o il degrado di alcune parti comporta il disuso e il decadimento, ambientale o diretto, per le altre. La cura dell’una conduce alla protezione dell’altra “.
“La macroarea – scrive ancora Massarelli – va pensata tutta insieme, escludendo la mera addizione di interventi fondati sulla occasionale disponibilità di un finanziamento, pena la formazione di spazi architettonicamente slegati, esteticamente indipendenti: una sommatoria di addendi, frutto di idee del momento, non riconducibili ad una spazialità unitaria, continua, coerente, cosciente. A questa macroarea deve essere attribuita una intenzione generale, estensiva, forte e soprattutto motivata dalla identità dei luoghi. Questo significa considerare i valori architettonico-paesaggistici come i capisaldi di una progettazione che si renda compassatamente complementare all’esistente, che riveli quei valori che si vogliono tutelare, che rifugga dall’immissione di oggetti performativi, autoreferenziali, ad elevata tensione personalistica. … Una riqualificazione che miri a restituire alla suddetta macroarea il ruolo più fisiologico di ‘versante ecologico’ della città, sul piano sia naturalistico che architettonico”.