Dopo cinque anni di governo del centrodestra, domenica 9 e lunedì 10 aprile 2006 si tornò a votare per il rinnovo del parlamento italiano. Le elezioni si tennero non più von il Mattarellum, del ’93, ma con un nuovo sistema di voto introdotto con la legge n. 270 del 21 dicembre 2005: la legge Calderoli, meglio nota come Porcellum, dal soprannome che le diede il politologo Giovanni Sartori dopo che lo stesso firmatario Roberto Calderoli l’aveva definita una “porcata”.
La nuova legge si basava su un sistema di distribuzione proporzionale dei seggi, a coalizione, e prevedeva premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza possibilità, da parte dell’elettore, di indicare preferenze. Una legge che rimase in vigore fino al 2013, quando fu dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale e fu sostituita prima da Consultellum e Italicum, mai effettivamente utilizzate, e dall’odierno Rosatellum.
A vincere le politiche del 2006, fu la coalizione di centrosinistra, guidata dall’Ulivo di Romano Prodi. Alla Camera la coalizione ottenne il 49,81% dei consensi, contro il 49,74% del centrodestra guidato, ancora una volta da Silvio Berlusconi.
Lista più votata fu l’Ulivo con il 31,27%. A seguire, nel centrosinistra, Rifondazione Comunista (5,84%), Rosa nel Pugno (2,60%), Communisti Italiani (2,32%), Italia dei Valori (2,30%), Verdi (2,06%), Udeur (1,40) e altre liste minori.
Nel centrodestra, ovviamente, Forza Italia trainò la coalizione con il 23,72%. A seguire Alleanza Nazionale (12,34%), Udc (6,76%), Lega Nord (4,58%).
Al Senato fu invece il centrodestra ad ottenere la maggioranza dei consensi, arrivando al 50,21% contro il centrosinistra che si fermò al 48,96%. Una discrepanza dovuta al fatto che il numero di seggi del Senato è distribuito su base regionale e non nazionale.
I Democratici di Sinistra furono i più votati della coalizione, fermandosi però al 17,50%. La Margherita arrivò al 10,73%. A seguire Rifondazione Comunista (7,37%), Insieme con l’Unione (4,17%), Italia dei Valori (2,89%), Rosa nel Pugno (2,49%) Udeur (1,40%).
Nel centrodestra, invece, Forza Italia fu il partito maggiormente suffragato (24,01%), seguito da An (12,40%, Udc (6,76%), Lega Nord (4,48%).
Un trend che a Bitonto fu molto simile solamente alla Camera, ribaltandosi al Senato.
Dalle urne per Montecitorio, al centrosinistra andò il 50,53% dei voti, contro il 49,34% del centrodestra. Lista più votata fu l’Ulivo (29,61%). Poi Rosa nel Pugno (5,18%), Rifondazione Comunista (4,89%), Idv (2,71%), Udeur (2,65%).
Al centrodestra il 29,59 fu per Forza Italia. Poi Alleanza Nazionale (11,86%), Udc (5,91%), Lega Nord (0,32%).
Per Palazzo Madama Partito più votato fu comunque Forza Italia (29,10%), ma nel complesso la maggioranza dei voti fu del centrosinistra: 50,65% contro il 49,13%. Nel centrosinistra I Ds ottennero il 15,41%, poi Margherita (14,07%), Rifondazione Comunista (5,38%), Rosa nel Pugno (4,88%), Idv (2,92%), Udeur (2,32%).
Nel centrodestra, dopo Forza Italia, An (11,81%), Udc (5,73%) e liste minori.
Un esito incerto fino alla fine dello scrutinio delle schede, che attirò l’attenzione della stampa internazionale. La vittoria del centrosinistra fu dunque segnata da una lievissima differenza di voti e da una composizione estremamente instabile, tanto da che il governo che dalle Camere fu nominato, con Prodi alla guida, cadde dopo soli due anni, portando il paese a nuove elezioni da cui risulterà vincente il centrodestra.
Una vittoria, dunque, non certo esaltante del centrosinistra, che a Bitonto, tuttavia, riuscì ad eleggere Giovanni Procacci al Senato. In quell’occasione, il “Da Bitonto” accolse con favore una proposta dello stesso Procacci che mirava ad informare periodicamente la cittadinanza bitontina su quanto accadeva al Senato «ritenendo utile che la città possa conoscere cosa avviene nelle istituzioni ed esserne coinvolta». Nacque così la rubrica “Bitonto in Parlamento”.