Sublime e indignato. Tanino Avena, docente di storia e filosofia nelle scuole superiori, fervido collaboratore della nostra testata ed inesausto polemista, era un poeta vero, nel senso che ha vissuto tutto la sua vita nel sogno, atroce e bellissimo, ma soprattutto impossibile, di sfiorare la vetta dell’infinito. Al prezzo di cocenti scorni, indicibili dolori e scavanti rinunce. Nella “turris eburnea”, coriacea e pura, della sua solitudine, coltivava l’amore incondizionato per i classici e fustigava accigliato i costumi di una società sempre più corrotta e degenere. Le sue liriche grondavano rabbia e meraviglia, amaritudine e dolcezza, ruvidezza e fantasmagoria. La lezione dei Grandi si inverava in una architettura di parole ardite e pensose. Di rado vittima della tentazione del breve dire, nelle ampie e fascinose volute costruiva industre la cripta della verità. Il carattere malmostoso e integerrimo spesso lo spingeva a confliggere con chi, magari più superficiale, lo circondava. Ed erano tempeste inenarrabili. Scevro da smancerie di sorta, si starà alterando dinanzi a questo mio indegno epicedio, ma forse non sa che è solo un modo per risarcirlo dell’indifferenza e dell’astio con cui, quasi sempre, la comunità bitontina (non) ha accolto il suo profetico canto…
Ha scritto di lui il giornalista e scrittore Marino Pagano: “Poeta e intellettuale libero, persona di grande intelligenza e dal focoso spirito civico, per me è stato uno degli amici più cari in assoluto, un maestro, un grande riferimento, pur nei contrasti che talvolta c’erano, nei lunghi silenzi, nelle litigate fragorose. In qualche modo ci si ascoltava sempre. Avena oggi ci ha lasciato.
È stata una delle persone con cui più ho potuto sperimentare che l’amicizia non è certo dettata dalla comunanza anagrafica. Si crea un comune sentire, ci si ritrova in un territorio -dell’anima ma spesso anche civico, come proprio in questo caso- che resiste a tutto. Nell’ultima telefonata il Tanino che mai avrei detto e che lascio per me. Come lascio nella memoria del cuore tanti momenti.
Momenti in cui io so che ho imparato.
Con Mario Sicolo fummo gli unici, giovani, ad aprirgli le porte di un giornale lontanissimo dalla sua visione politica, pronti a raccogliere la sua voce, ripeto voce di libertà. Si definiva un comunista gentiliano, riconosceva il valore della scuola pensata dal grande filosofo e ministro. Tante altre cose legate alla sua vita, al valore della sua poesia, al suo ruolo nella sua città di Bitonto, diremo e dovremo dire. Ci sarà modo. Ora ho perso una persona per me molto importante, un vero grande amico. Ora ho un groviglio di ricordi, di attimi formativi. Andranno ricollocate le idee nel grande mosaico stesso della vita, quando il dispiacere del distacco, se non passato, sarà almeno meno doloroso”.
A ricordare Avena, che è stato anche assessore alla cultura negli anni Settanta in quota Pci, nella massima assise cittadina è stato il consigliere Domenico Damascelli: “Comunista gentiliano, era così libero da non sottrarsi neppure al più ruvido scontro, nel pieno rispetto della giustizia e della verita”.