Sarebbero tre i bitontini arrestati a Cesinali, alle porte di Avellino, dopo il tentativo di assalto ad un portavalori finito nel sangue.
L’idea della banda (sei i membri, tutti pugliesi) sarebbe stata infatti ostacolata dalla Polizia di Stato.
Dopo aver cercato la fuga, lanciando grossi chiodi, i rapinatori sarebbero stati bloccati nei pressi del cimitero, dove hanno aperto il fuoco contro gli agenti, che hanno risposto.
Nella violenta sparatoria, a perdere la vita è stato il 31enne cerignolano Giovanni Rinaldi, con vari precedenti per spaccio di droga. Il suo corpo, con il volto coperto da un passamontagna, indumento indossato anche dai suoi complici, è stato abbandonato in una Jeep Compass bianca lasciata sui binari del passaggio a livello della frazione Villa San Nicola del comune di Cesinali, a poche centinaia di metri dal luogo in cui i rapinatori erano stati intercettati.
Nel mezzo, trovati attrezzi, armi, granate e kalashnikov. Altro materiale anche nel suv nero gemello.
Secondo gli inquirenti, a capo della banda, sarebbe stato Savino Ariostini, ritenuto elemento di spicco della criminalità foggiana e vicino al clan Moretti-Pellegrino-Lanza. Il 53enne, sfuggito alla cattura, è stato fermato ieri mentre, stava per salire a bordo di un autobus che collega Santo Stefano del Sole ad Avellino. Indosso una tuta dell’Audace Cerignola, funzionale, forse, a mimetizzarsi con i tifosi che raggiungevano lo stadio del capoluogo campano per la partita di oggi pomeriggio.
Insieme a lui, a finire in manette, tre bitontini di 56, 33 e 34 anni (quest’ultimo residente a Grumo Appula).
Il più grande, con un lunghissimo curriculum criminale fatto di precedenti penali di tutti i tipi e già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, è stato considerato un punto di riferimento per le dinamiche malavitose a nord di Bari, ancora in grado di infondere timore anche solo con il proprio.
Nel 2009, dopo quattro gradi di giudizio, fu assolto dalla Corte d’Appello di Bari, da tutti i reati che gli erano stati imputati. Tanto che il suo avvocato chiese allo Stato 500mila euro quale risarcimento per l’ingiusta detenzione.
Secondo ben tre collaboratori di giustizia, però, il suo era un ruolo di primo piano nella faida di Bitonto.
Precedenti per reati contro il patrimonio, invece, per il 33enne. Specializzato in furti ai danni di tir e furgoni portavalori il grumese, già arrestato nel 2014 a Forlì e nel 2019 a Trani.
Ancora da scovare, un altro bandito, dileguatosi a piedi.