La possibilità di rigetto dopo il trapianto renale? Ora può essere calcolata.
È quanto è stato scoperto da un gruppo di ricercatori del Policlinico di Bari, grazie ad uno studio poi pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale American Journal of Transplantation.
La scoperta porta la firma della dottoressa Rossana Franzin, che ha potuto contare sul team di ricerca della sezione di Nefrologia, Dialisi e Trapianto del Policlinico di Bari con Alessandra Stasi e Fabio Sallustio. Il tutto è stato supervisionato dal professor Loreto Gesualdo e dal professor Giuseppe Castellano (Fondazione IRCCS Ca’Granda, Policlinico di Milano).
Analizzando i pazienti che negli ultimi anni hanno sviluppato un rigetto, i ricercatori hanno isolato dal loro plasma le vescicole extracellulari, strutture microscopiche recentemente riconosciute come agenti universali della comunicazione intercellulare, che si differenziano dai pazienti che non hanno invece manifestato il rigetto per la presenza di piccoli Rna, definiti “miRna” (micro-Rna).
Gli studi in vitro hanno confermato che in seguito all’esposizione di queste microvescicole, le cellule tubulari sane mostravano un prematuro invecchiamento associato all’infiammazione (inflammaging) mentre le cellule endoteliali andavano incontro ad una disfunzione tipica della fibrosi interstiziale.
Alcuni di questi miRNA sarebbero quindi in grado di predire anzitempo l’incidenza del rigetto in alcuni pazienti e quindi, nel prossimo futuro, individuare i pazienti più predisposti e procedere subito con il monitoraggio ed adeguate terapie personalizzate.
Lo studio nasce da una collaborazione tra l’Università degli Studi di Bari, la Fondazione IRCCS Ca’Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, l’Università degli Studi di Foggia ed il Dipartimento di Medicina Traslazionale dell’Università del Piemonte Orientale con il Prof. Vincenzo Cantaluppi.