(di Donato Rossiello, Nico Fano)
Nel corso dell’estate l’evoluzione del mix di crescita economica e inflazione aveva fatto ben sperare gli investitori circa l’ammorbidimento delle politiche da parte delle Banche Centrali. Un’ipotesi rapidamente sfumata!
A guardare i dati emersi dalle trimestrali societarie, la crescita degli utili è andata meglio del previsto. Basti pensare che per l’indice S&P 500 il 78% circa delle società ha riportato una crescita aggregata dell’8,5% rispetto al medesimo trimestre del 2021, oppure per lo STOXX 600 il 60% ne ha registrato una di quasi il 30%. Il contributo decisivo è giunto soprattutto dal comparto energetico, ma i risultati oltre le attese sono manifesti in tutti i settori. Addirittura, nonostante l’aumento dei costi, il dato aggregato relativo ai margini di tutte le imprese USA ha registrato il record dal 1950. Tale tendenza dimostra che la correzione dei mercati nel 2022 non sia dovuta al peggioramento dei conti societari, bensì al rialzo dei tassi.
Una costante di quest’anno è il rafforzamento del dollaro. Il cambio con l’euro si assesta ora su livelli inediti dal 2002. Le ragioni sono molteplici: la crisi energetica lede l’Europa in modo più aspro rispetto agli Stati Uniti; a cui si aggiungono l’intensa azione della Federal Reserve e le tensioni geopolitiche che esaltano il ruolo di valuta “rifugio” del dollaro.
Parlando di Vecchio Continente, assistiamo ad una progressiva riduzione delle forniture di gas naturale dalla Russia (quasi il 20% del livello normale), con temporanee interruzioni delle emissioni a causa di presunti disguidi tecnici. Ciononostante l’economia europea sta dimostrando una sorprendente capacità d’adattamento, vedasi la crescita ancora positiva nel secondo trimestre e l’occupazione. Ad ogni modo la stretta non molla e il sentiment delle imprese peggiora, a ridosso o sotto (in base ai settori) la soglia di espansione. Gli elevati costi dell’energia complicano non poco il quadro prospettico, spostando in alto ed oltre nel tempo il picco d’inflazione. Fondamentale sarà l’azione congiunta della BCE e dei Governi, i quali hanno già stanziato svariate misure di supporto – 280 miliardi di euro complessivi solo nell’ultimo anno. Ma, con un’inflazione al 9,1%, sono necessari ulteriori interventi.
Lo scenario globale risulta quindi caratterizzato da numerose sfide nel breve termine. Le economie rallentano, l’inflazione è elevata e le Banche Centrali devono gestire un delicato equilibrio. È lapalissiano che ciò si ripercuota sui mercati, generando incertezza, poiché sia le aspettative sui tassi che quelle sulla crescita degli utili svolgono un ruolo determinante nell’equazione generale.
È un contesto volatile e interlocutorio. Certo, ci vorrà pazienza prima che i mercati ripristinino una qualche stabilità in tendenza rialzista. La stagione autunnale prevede poi una serie di importanti appuntamenti politici in Europa, USA (con le elezioni di midterm) e Cina (XX Congresso Nazionale del Partito Comunista). Siamo in una fase che potrebbe rappresentare un’opportunità per meglio cogliere la ripresa ciclica che ne conseguirà e accelerare dei trend già in atto, uno su tutti la questione energetica. Non è un caso che in estate oltreoceano sia stato avviato il più imponente piano di investimenti sul clima, o da noi il Repower EU in aggiunta al precedente Next Generation EU.