Concludiamo la rassegna dei principali protagonisti della politica di questi ultimi anni con colui che, dal 2014, ricopre la carica di sindaco di Bari e, di conseguenza, è anche sindaco della Città Metropolitana, ente subentrato all’ex Provincia. Oltre ad essere presidente nazionale dell’Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani.
Parliamo ovviamente di Antonio Decaro che, molto probabilmente, sarà anche futuro candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Puglia nel 2025, quando si concluderà il mandato di Michele Emiliano.
Ex funzionario all’Acquedotto Pugliese e all’Anas, esponente del Partito Democratico, iniziò la sua carriera politica all’ombra di Emiliano, quando quest’ultimo era sindaco di Bari e lo nominò, durante la sua prima giunta, assessore alla Mobilità. Seguirono le esperienze da consigliere regionale e deputato, fino al 2014, quando diventa il successore dell’ex magistrato al Comune di Bari, venendo riconfermato nel 2019.
Ma, più che del suo curriculum vitae, preferiamo occuparci, in questa sede, di un altro aspetto che vede in Decaro uno dei suoi simboli principali. Quello delle classifiche dei sindaci più popolari d’Italia. Classifiche in cui il primo cittadino barese è stato a lungo sul podio. Sin dal 2020, quando l’istituto Noto Sondaggi, per conto del quotidiano Il Sole 24 Ore, realizzò Governance Poll 2020, un’indagine sul livello di gradimento dei presidenti di 18 regioni e dei sindaci di 105 capoluoghi di provincia.
Antonio Decaro risultò, quindi, il sindaco più popolare e più gradito d’Italia, seguito dal collega di Messina, Cateno De Luca, e dai sindaci di Genova, Marco Bucci, e di Bergamo, Giorgio Gori, entrambi ex aequo sul terzo gradino del podio. L’indagine fu condotta anche in riferimento ai presidenti di regione, individuando nel veneto Luca Zaia (Lega), il governatore più gradito.
«Per i sindaci in prima linea, se guardate i risultati del sondaggio – disse Decaro a Repubblica – i dati di fiducia sono tutti alti, perché i sindaci si sono impegnati in prima persona come fanno sempre, sono i terminali più esposti della Repubblica, come dice il presidente Mattarella, siamo le istituzioni di prossimità, quelle più vicine ai bisogni, alle difficoltà, ma anche ai sogni dei nostri concittadini. Questo fanno i sindaci: stanno vicini alla loro comunità e cercano di tenerla insieme e questo è un momento importante per tenere insieme le nostre comunità».
Il sondaggio fu effettuando chiedendo, al campione di cittadini preso in esame, se, in caso di elezioni immediate, avrebbero votato per il sindaco in carica.
La popolarità del personaggio crebbe tantissimo durante il periodo pandemico e, in particolare, nei mesi successivi al suo inizio, tanto da diventare persino oggetto di studi universitari. La Aiss – Associazione italiana studi semiotici, fondata da Umberto Eco, pubblicò un’analisi della sua figura e del suo ruolo, nei giorni difficili della gestione della pandemia. Un’analisi in cui il primo cittadino barese fu descritto come una sorta di “eroe da western“, un “eroe social popolare”, per usare le espressioni, riportate dal quotidiano Repubblica, di Stefano Jacoviello, professore di Semiotica della cultura all’Università di Siena. Complici dell’aumento della popolarità, i video realizzati in giro per le strade del capoluogo, nel tentativo di mostrare una Bari deserta (celebre fu il video in cui passeggiava commosso per una via Sparano vuota) o di far rispettare le misure di prevenzione del contagio. Erano mesi nei quali, costretti restare a casa, gli italiani erano molto più affacciati sugli schermi di computer e cellulari e, dunque, quel tipo di video ebbe molta risonanza. Si moltiplicarono anche ironici meme (vignette, per dirla con un linguaggio più classico) con tanto di foto di Decaro accompagnato dalla scritta “E tu ce sta a fasc do?”.
Aspetti che vedemmo anche a Bitonto, con l’ex sindaco Michele Abbaticchio impegnato quasi quotidianamente a comunicare gli aggiornamenti sulla pandemia.
Non mancarono, tuttavia, errori, esagerazioni e autogol comunicativi che spinsero Decaro a rivedere alcune delle sue mosse e ad attenuare quel tipo di comunicazione.
Il primo cittadino barese mantenne il primato fino al 2022, quando fu superato, restando tuttavia sul podio. Lo stesso sondaggio, ripetuto a luglio 2023, assegna la prima posizione al sindaco di Milano, Giuseppe Sala, con un gradimento del 65 per cento. Segue il suo omologo di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti (64,5%). Decaro, quindi, scivola al terzo gradino del podio, mantenendo comunque un indice di gradimento del 64%. Un dato che, senza ombra di dubbio, potrebbe essere un buon bigliettino da visita per le regionali, nel caso probabile di candidatura. Ma ciò esula dalla nostra rubrica.
Al di là della mera classifica, di cui ci interessa relativamente, sottolineiamo qui due aspetti fortemente correlati. Il primo è il ruolo della comunicazione nella popolarità dei sindaci. Un aspetto che abbiamo già visto più volte, nel corso della rubrica, e che abbiamo ribadito anche a proposito dell’avvento dei moderni social media che, garantendo velocità, trasparenza e accessibilità, sono i social media sono uno strumento di comunicazione essenziale per i sindaci. Consentono, infatti, di costruire un dialogo diretto con i cittadini, permettendo di scavalcare soggetti intermedi come partiti e istituzioni. E di attuare una comunicazione più immediata che ha permesso di instaurare un rapporto più personale tra il primo cittadino e tutti gli altri cittadini. Tutti ingredienti, questi, per accrescere la popolarità di leader locali carismatici.
Proprio per questa necessità comunicativa sempre maggiore dei sindaci, hanno conosciuto una notevole crescita diverse agenzie di comunicazione in grado di assistere i politici nelle loro strategie di comunicazione su vecchi e nuovi media. Con il risultato di trasformare spesso i sindaci in una sorta di brand commerciale. Attorno a nuovi sindaci e governatori di regione sono nate e sono cresciute agenzie come la Proforma, che ha costruito le campagne elettorali di molti esponenti del centrosinistra pugliese, a partire da Nichi Vendola.
Proprio della Proforma fu, infatti, uno storico e riuscito spot del 2014 intitolato “Chiama Decaro”, il cui l’allora candidato sindaco veniva ironicamente presentato come l’uomo in grado di risolvere i problemi. E qui torniamo alla visione odierna della politica, ridotta a mera risolutrice di problemi senza la possibilità di intraprendere decisioni a più lungo termine. Un “distributore” di servizi che trascende da orizzonti valoriali, ideologie, identità politiche (un concetto che si può facilmente riassumere in una frase ricorrente nell’opinione pubblica, altamente demagogica e antipolitica: «Asfaltare le strade non è né di destra né di sinistra”). Concetto che, ribadiamo anche in questa sede, fu sottolineato dal francese Michel Schneider che parlò di deriva “materna” dello Stato.
Il secondo aspetto da sottolineare è la crescente personalizzazione della politica locale, di cui le gare di popolarità non sono che una conseguenza. Sembra quasi che i sindaci siano degli oggetti simili ma di marchi diversi, da promuovere per vincere la concorrenza.
Un fenomeno che si inserisce nel solco già avviato a livello nazionale, ma amplificato nei livelli intermedi dell’azione amministrativa. Una personalizzazione che con internet, i social network è cresciuta grazie al venir meno di ogni intermediazione e alla possibilità di instaurare un rapporto sempre più diretto con il pubblico, favorito anche dal ridotto ruolo dei partiti politici, spesso ridotti a soggetti la cui unica funzione è la promozione del leader.
Ovviamente la personalizzazione non è affatto un fenomeno degli ultimissimi anni. Di accentuata personalizzazione collegata all’elezione monocratica alla carica di sindaco parlarono, ad esempio, già nel 2000 Gianfranco Baldini e Guido Legnante in “Le città al voto. I sindaci e le elezioni comunali”. Un fenomeno che si avviò già con l’elezione diretta dei sindaci, introdotta con la legge 81/1993.