All’inizio degli anni ’90, lo Stato attraversò notevoli difficoltà. Lo abbiamo già anticipato nei precedenti appuntamenti di questa rubrica. Così come abbiamo già accennato alla periodo nero del 1992, anno in cui si tennero le ultime elezioni della cosiddetta “Prima Repubblica”, proprio mentre l’Italia attraversava crisi monetarie, sconvolgimenti internazionali dovuti alla fine del blocco socialista, terremoti politici e un nuovo terrorismo che insanguinò il territorio: quello mafioso.
Negli anni ’70, lo Stato italiano aveva vissuto una profonda crisi che video l’avanzata dei terrorismi rossi e neri. Negli anni ’90 fu la mafia a passare all’attacco. Fu il periodo degli omicidi di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino e di tanti altri attentati. Il periodo in cui la mafia, con le sue autobombe, uscì dalla Sicilia, per attaccare forze dell’ordine, magistrati e politici, giornalisti su tutto il territorio nazionale. O, ancora, per mostrare allo Stato italiano la sua forza, attaccando anche il patrimonio culturale italiano, come accadde con l’attentato di via dei Georgofili a Firenze. Il fine ultimo era l’indebolimento dello Stato, in modo da poterlo meglio ricattare.
Un clima pesante che, tuttavia, provocò la pesante reazione statale e la successiva decapitazione di Cosa Nostra.
Anche nell’opinione pubblica forte fu il clamore. In tutta Italia forti furono le reazioni per quelle stragi di mafia, con manifestazioni, cortei e tanto altro. Anche a Bitonto, dove, a seguito dell’omicidio di Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti di scorta, da parte delle scuole cittadine fu organizzata una grande manifestazione che coinvolse studenti, amministrazione comunale allora guidata da Michele Coletti, partiti politici, associazioni culturali, sportive e di volontariato. Un corteo che, il 4 giugno 1992, partì da piazza Moro e si concluse in piazza 26 maggio. A guidarlo, il primo cittadino con il gonfalone cittadino.
Ma, al di là del clamore suscitato, sono molti gli interrogativi che ancora aleggiano su quel periodo nero per l’Italia. Sono molti gli aspetti non chiariti e i misteri irrisolti. E c’è chi ipotizza che, dietro la mano mafiosa, ci siano state ben altre menti.
«Nel ’93, Cosa Nostra ebbe in subappalto una vera e propria strategia della tensione che ebbe nelle bombe di Roma, Milano e Firenze soltanto il suo momento più drammatico» disse l’allora procuratore nazionale antimafia Piero Grasso in un’intervista rilasciata il 27 maggio 2010 su Repubblica. Parole che si unirono a quelle dell’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (presidente del Consiglio dei Ministri durante il periodo delle stragi) che, intervistato da Massimo Giannini il 29 maggio 2010, disse: «Non c’è democrazia senza verità. Questo è il tempo della verità. Chi c’è dietro le stragi del ’92 e ’93? Chi c’è dietro le bombe contro il mio governo di allora? Il Paese ha il diritto di saperlo, per evitare che quella stagione si ripeta».
«Non esito a dirlo, oggi: ebbi paura che fossimo a un passo da un colpo di Stato. Lo pensai allora, e mi creda, lo penso ancora oggi» furono le parole di Ciampi.