1992. Si conclude la X Legislatura e gli italiani tornano al voto per eleggere i membri del Parlamento dell’XI. Si tornò al voto in un momento in cui la crisi divenne ancora più acuta ed ebbe notevoli riflessi sulle elezioni politiche, che si tennero il 5 e il 6 aprile.
Furono le ultime votazioni della “Prima Repubblica”, e le prime in cui mancò il Partito Comunista Italiano, che, nel frattempo, con la cosiddetta “svolta della Bolognina” era diventato Partito Democratico della Sinistra. E furono anche le ultime in cui, tra i partiti in corsa per le due massime assisi nazionali, figurò la Democrazia Cristiana, destinata a sciogliersi nel gennaio 1994, a pochi mesi dalle nuove elezioni politiche. Mentre, d’altro canto, furono le prime elezioni in cui a competere ci fu la Lega Nord di Umberto Bossi che, alle precedenti elezioni dell’87 aveva partecipato con il nome di “Lega Lombarda”.
L’anno prima, inoltre, si era conclusa l’esperienza del Pentapartito, dopo un decennio di governo. Tra i cinque partiti che lo componevano (Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partito Socialdemocratico, Partito Repubblicano e Partito Liberale) fu il Pri ad uscire dalla coalizione, portando alla nascita del governo Andreotti VII.
Non solo. Fu l’ultimo appuntamento elettorale in cui il sistema di voto fu disciplinato dal decreto legislativo luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946, approvato dalla Consulta Nazionale il 23 febbraio 1946. Il classico sistema proporzionale con preferenze che era rimasto in vigore per oltre 40 anni (escludendo la breve parentesi del ’53, con la cosiddetta “legge truffa”) e che, l’anno successivo, fu sostituito da un nuovo sistema di voto maggioritario noto come “legge Mattarella”. Argomento, questo, che tratteremo a breve, limitandoci, oggi, a parlare di un appuntamento elettorale che cadeva in un momento delicatissimo della storia italiana. Sia dal punto di vista politico, che giudiziario ed economico.
La campagna elettorale del 1992, infatti, si svolse in un momento in cui l’ostilità ai partiti politici era ai massimi livelli: le picconate del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga continuavano ad eroderne la credibilità, attaccata su più fronti dalla nascita di forze antipolitiche come la Lega Nord da un lato e La Rete dall’altro, che cavalcarono lo scalpore suscitato dai casi di corruzione e di malapolitica venuti alla luce con l’inchiesta “Mani pulite”, che in quel momento aveva appena iniziato la sua guerra a Tangentopoli. Guerra che ebbe una grande vittima collaterale, che fu la legittimazione della classe politica raggiunse il suo momento più buio, tanto che, dopo appena due anni, si tornò al voto.
Il Paese, poi, era alle prese con lo stragismo mafioso, che aveva già fatto vittime eccellenti e che, di lì a breve, avrebbe ucciso Falcone e Borsellino.
Dal punto di vista economico, la lira italiana, infine, insieme alla sterlina inglese, fu colpita da una grave tempesta valutaria che, a settembre, portò alla sua svalutazione e all’uscita dal Sistema Monetario Europeo.
A livello internazionale, poi, c’erano stati profondi cambiamenti per l’Italia, l’Europa e il mondo. Il Muro di Berlino non c’era più e, con esso, l’Unione Sovietica e quella contrapposizione ideologica che aveva caratterizzato le relazioni internazionali per oltre quarant’anni. Nell’Europa orientale riemergono nuovi nazionalismi prima soffocati dal comunismo. In particolare, nella ex Jugoslavia, teatro di una sanguinosissima guerra. Gli Usa, guidati da George Bush riaffermano la loro supremazia in nuovi contesti di guerra, a partire dalla guerra del Golfo del ‘91, e l’Europa cerca nuovi equilibri, dopo la caduta del blocco socialista e la riunificazione tedesca, che impone l’accelerazione del processo di integrazione europea. Che si ha con la firma del Trattato di Maastricht, il 7 febbraio 1992, con cui, archiviata la Comunità Economica Europea, si istituisce l’Unione Europea.
Fu questo il quadro complesso in cui si votò per eleggere i nuovi membri di Camera e Senato. Le elezioni assicurarono comunque la maggioranza all’ex Pentapartito, diventato quadripartito. Ma era una maggioranza esile, fragile, fortemente divisa al suo interno, con pochi seggi di vantaggio sulle opposizioni in entrambi i rami del Parlamento e scossa dalle inchieste sulla corruzione. Un quadro politico che non garantiva, di certo, una stabilità, come gli eventi successivi avrebbero confermato.
Alla Camera, la Democrazia Cristiana conquistò il 29,66% delle preferenze, seguita dal neonato Pds con il 16,11%. Il Psi ottenne il 13,62%, mentre la Lega Nord l’8,65%. A seguire, Rifondazione Comunista (5,62%), il Msi-Dn (5,37%), il Pri (4,39%), il Pli (2,86%), la Federazione dei Verdi (2,79%), il Psdi (2,71%), la Rete (1,86%), la Lista Pannella (1,24%), la Lista Referendum (0,81%) e le altre liste.
Al Senato, invece, la Democrazia Cristiana ottenne il 27,27% delle preferenze, seguita dal Pds con il 17,05%. Il Psi ottenne il 13,57%, mentre la Lega Nord l’8,20%. A seguire, Rifondazione Comunista (6,52%), il Msi-Dn (6,51%), il Pri (4,70%), la Federazione dei Verdi (3,08%), il Pli (2,82%), il Psdi (2,56%), la Lista Referendum (1%), la Rete (0,72%) e le altre liste.
A Bitonto, alla Camera, la Democrazia Cristiana raggiunse il 29,06% dei suffragi, seguita dal Psi con il 24%. Il Pds ottenne il 17,52%, mentre il Msi-Dn l’11,02%. A seguire, Rifondazione Comunista (5,38%), il Psdi (4%), il Pri (2,38%), la Federazione dei Verdi (2,23%), il Pli (1,26%), la Lista Referendum (1,21%), la Rete (0,75%), la Lista Pannella (0,22%) e le altre liste.
Al Senato, invece, la Democrazia Cristiana ottenne il 26,70% delle preferenze, seguita dal Psi con il 21,10%. Il Msi-Dn ebbe il 15,10% e riuscì ad eleggere Giuseppe Mininni Iannuzzi. Poi, il Pds con l’11,70% e Rifondazione Comunista con l 7,60%. A seguire, la Federazione dei Verdi (4,50%), il Psdi e il Pri (3,80%), il Pli (2,80%), la Lista Referendum (1,90%), la Lega Nord (0,30%) e le altre liste.
Alla Camera fu rieletto, nelle fila della Dc il bitontino Giuseppe Degennaro, mentre, dopo sette legislature, Arcangelo Lobianco concluse la sua esperienza da deputato, per approdare al Senato. Non furono eletti altri bitontini candidati come Felice Trotta (Msi), Gaetano Granieri (Pri), Giuseppe Rossiello e Domenico Colasanto (Pds).