Quando i soldati tedeschi le chiesero sprezzantemente: “Ma non ti vergogni a insegnare a degli ebrei?”. Lei rispose: “E voi non vi vergognate a fare la guerra a dei bambini?”.
Questa domenica, la seconda del mese di settembre, la iniziamo così. Con delle parole che, se proiettate all’epoca storica in cui sono state pronunciate – piena, pienissima Seconda guerra mondiale – mettono i brividi.
Perché figlie della bocca di una donna.
Perché accompagnate da un coraggio senza precedenti.
Perché poi hanno salvato centinaia di vite umane. Di fanciulli. Trecento, dicono i bene informati. Ma forse, forse, anche di più.
Già, perché Andrée Geulen è stata una maestra che ha sottratto non pochi bambini dalle e alle grinfie dell’Olocausto.
Classe 1921, a 21 anni insegnava in una scuola elementare di Bruxelles, in una Belgio, che seppur neutrale, non ha saputo sottrarsi all’ingordigia nazista allo scoppio della guerra al nazi-fascismo.
È il 1942, appunto. Epifania di tutto. Quando vide che molti dei suoi studenti entravano in classe con la stella gialla, decise di agire. Cucire una stella gialla sui vestiti come segno di riconoscimento era obbligatorio per tutte le persone ebree, bambini e bambine comprese.
Geulen sapeva bene che chi indossava quel segno di riconoscimento, non avrebbe avuto vita facile e con molta probabilità rischiava la morte.
Per evitare l’umiliazione della discriminazione, chiese a tutti i bambini, ebrei e non ebrei, di indossare a scuola un grembiule così da nascondere l’odioso simbolo.
Quando, poi, si è imbattuta in Ida Sterno, un assistente sociale ebrea, entrò a far parte dell’organizzazione clandestina “Comitato di difesa ebraica” che aiutava a nascondere le persone ebree dai nazisti e la sua opera salvifica si è fatta ancora più incisiva.
Abbandonò la casa dei genitori e si trasferì nel collegio dove insegnava e ivi nascondeva dodici studenti ebrei.
Nel maggio 1943 la scuola subì un’irruzione, fortunatamente, però, Andrée riuscì a sfuggire all’arresto e avvisare gli altri minori nascosti altrove.
Iniziò un periodo di attivismo in clandestinità. Manteneva il contatto con le organizzazioni di soccorso attraverso caselle postali segrete e per più di due anni ha raccolto bambini e li ha trasferiti in famiglie e monasteri cristiani, dove continuava a visitarli e occuparsi dei loro bisogni.
A tutti loro cambiava identità, ma per non perdere la possibilità di riconsegnarli un giorno alle loro famiglie, scriveva in codice tutti i nomi in liste che nascose accuratamente.
Dopo la guerra, Andrée Geulen si impegnò per far ricongiungere genitori e figli. Ovviamente quelli che riuscirono a sopravvivere ai campi di sterminio.
Nel 1989 è stata inserita tra i Giusti fra le Nazioni da Israele, che le conferì la cittadinanza onoraria e nel 2004 ha ricevuto il “Mensch Prize of the Year” dal Jewish Community Centre di Bruxelles, che onora una personalità della comunità ebraica del Belgio per la sua umanità.
Qualche giorno fa ha compiuto 100 anni, e ancora oggi dichiara con estrema lucidità che tutto “quello che ho fatto è stato solo il mio dovere. Disobbedire alle leggi di allora era la sola cosa normale da fare”.