A Bitonto sarà proclamato il lutto cittadino nel giorno in cui si svolgerà il funerale di Paolo Caprio, quindi dopo l’autopsia che sarà eseguita oggi nell’istituto di medicina legale del Policlinico di Bari. Il 40enne di Bitonto è morto all’alba di domenica durante un litigio, colpito con tre pugni al volto sferrati dal 20enne Fabio Giampalmo. Il 20enne si trova ora in carcere a Bari in stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario aggravato. L’incarico è stato conferito al medico legale Sara Sablone dal pm che coordina le indagini, Ignazio Abbadessa. L’autopsia dovrà chiarire se il 40enne sia deceduto a causa dei pugni o a seguito del trauma cranico provocato dalla successiva caduta. L’esito degli accertamenti medico-legali sarà determinante per stabilire la definitiva qualificazione giuridica del fatto, se omicidio volontario o preterintenzionale. Per il momento la Procura lo ha qualificato come volontario, ritenendo che, essendo un esperto di arti marziali, il 20enne avesse la consapevolezza di poter uccidere colpendo la vittima in quel modo. Oggi, inoltre, il pm chiederà formalmente al gip la convalida del fermo, che avverrà dopo che l’aggressore sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia. Intanto, l’avvocato difensore del 20enne, Giovanni Capaldi, ha riferito che Giampalmo si «sente davvero smarrito, il suo primo pensiero è andato alla vittima, non aveva alcuna intenzione di uccidere quell’uomo e si dice pentito di quanto accaduto». Il pentimento del giovane era stato invocato sui social anche da don Vito Piccinonna, rettore della Basilica dei Santi Medici di Bitonto e direttore della Caritas diocesana: «Per uccidere non ci sono mai giusti motivi. Mai. Non conosco né la vittima né il suo uccisore. Provo a immaginare il dolore dei familiari della vittima. Spero nel pentimento dell’uccisore ma intanto quella vita giovane non ritorna più. Ed è giustissimo che la giustizia faccia il suo corso. Fare il bene o il male non è indifferente». Don Vito ha poi concluso il suo pensiero: «Occorre abbassare i toni. Da parte di tutti. Quelli scritti, quelli verbali. Occorre un salto di umanità. Siamo a tratti disumani. E che non si smetta di credere e di insegnare che ‘non uccidere’ è ancora un comandamento, non un optional. E che per nessun motivo, anche non futile, uccidere resta una roba maledetta per tutti. Non solo per chi uccide e per chi non c’è più».