La paura. Il fendente del destino. L’angoscia. Il vuoto. La solitudine. Il buio. Un anno e mezzo di inferno. Forse, molti hanno dimenticato che il Covid-19 ha rappresentato- e rappresenta ancora, purtroppo – tutto questo. E tanti sono i nostri concittadini che hanno vissuto questa esperienza lacerante, che ha messo fine crudele a sogni e affetti. Eppure, molti fanno come se nulla fosse successo.
“Il mio è un grido di dolore per quel che ci è capitato. Ho perso mio marito in brevissimo tempo, otto mesi fa, e adesso ci hanno messo nel dimenticatoio”, trema ancora la voce di Anna Morea, moglie di Filippo Cozzella, celebre ristoratore bitontino, rapito in men che non si dica dal Coronavirus.
“Ci sono famiglie che hanno perso più di un parente – prosegue la donna -, morti che non hanno avuto umanità e dignità. È stata una sofferenza immensa, indescrivibile. Siamo stati trattati come appestati. È disumano non poter stare accanto a chi è contagiato. Sarebbe simbolico avere una targa, un giorno della memoria, perché abbia un significato il loro sacrificio. Servirebbe per coloro, soprattutto i giovani, che passano le giornate come se non fosse mai stato il virus e la nostra, è bene non dimenticarlo mai, è stata una delle città che hanno avuto un numero altissimo di decessi”.
“Siamo stati letteralmente abbandonati, non abbiamo avuto una parola di conforto da chi avrebbe anche dovuto sostenere le famiglie più indigenti. Lei non ha idea di quanta gente non è ancora riuscita a fare la lapide per i cari che non ci sono più”, fa notare la signora Morea. Che conclude avanzando una proposta più che condivisibile: “Perché non indire una giornata in ricordo dei Caduti della Pandemia? Credo sia dovere di una comunità ricordare chi non c’è più per colpa di questo male invisibile e subdolo”.