In principio è stato Sante Caserio seguito poi a breve, brevissima distanza, da Michele Angiolillo, Piero Acciarito, Luigi Lucheni e Gaetano Bresci. E tanti altri nei decenni successivi, vedasi Mario Buda.
Cosa hanno in comune? Almeno tre cose. La prima è la nazionalità perché trattasi rigorosamente di italiani. La seconda è che sono forse i massimi esponenti di quel movimento chiamato anarchismo, soprattutto quello individuale. La terza è che, dunque, essendo tali, ammazzano i più importanti sovrani (a volte fanno rima con tiranni) dell’epoca, cioè di fine ‘800 – inizio ‘900.
Si parte da qui, allora. Con una semplice domanda: perché l’anarchismo?
Diciamo subito che non è stato un fenomeno unitario, in quanto era un ampio spettro di tendenze sempre omogenee il cui denominatore comune è stato il rifiuto di ogni dimensione organizzativa. Le ragioni di tale posizione forse il timore che una volta imprigionato il movimento all’interno di forme organizzate avrebbe perduto la sua naturale spinta rivoluzionaria, appiattendosi su problematiche considerate inutili.
Proprio perché trattasi di omicidi eclatanti e clamorosi, le gesta di queste figure sono rimaste nella memoria collettiva.
Giugno 1894, allora. Sante Cesario, nato a Motta Visconti nel 1873 e convinto che “la patria non esiste per noi poveri operai. La patria per noi è il mondo intero” ammazza, a Lione, il presidente della Repubblica francese Marie-François Sadi Carnot nel 1894. Immediatamente arrestato, è condannato a morte per ghigliottina. Non aveva neanche compiuto 21 anni.
Tre anni dopo il foggiano Michele Angiolillo spara tre colpi di rivoltella al presidente del Consiglio spagnolo Antonio Cánovas del Castillo. Lo fa per vendetta e rivolta, contro colui aveva promulgato leggi eccezionali per la repressione dell’anarchia che sembrarono restaurare l’Inquisizione di cinquecentiana memoria.
Ma la morte che più di tutte colpisce è quella dell’imperatrice d’Austria Elisabetta di Wittelsbach, detta Sissi, il 10 settembre 1898. A ucciderla, a Ginevra, con una lima usata come pugnale, è ancora un anarchico italiano ma nato a Parigi: Luigi Lucheni, voglioso di diventare famoso con un gesto incredibile e al tempo stesso stravagante.
Passano meno di due anni ed è la volta del re d’Italia Umberto I di Savoia. Già scampato a due attentati, il 29 luglio 1900 viene assalito dal toscano Gaetano Bresci, che esplode contro di lui quattro colpi di rivoltella.
Perché? “Egli è responsabile ai miei occhi di tutte le vittime pallide e sanguinanti dal sistema che lui rappresenta e fa difendere” ha dichiarato dopo l’arresto.