1,9 milioni di euro in contanti nascosti in scatole di scarpe e reperti archeologici dal valore inestimabile in bella mostra in vetrine chiuse a chiave in salotto. È quanto hanno ritrovato i Carabinieri nell’abitazione dell’oncologo bitontino Giuseppe Rizzi, da pochi giorni posto agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione aggravata e ad oggi indagato anche per impossessamento illecito di beni archeologici e ricettazione.
Avrebbe ottenuto 127 mila euro dal paziente Gaggiotti Ottavio, malato di cancro in fase terminale a cui ha fatto credere che i medicinali somministrati fossero a pagamento quando l’uomo ne aveva diritto gratuitamente. Dopo la morte del paziente, però, prima la denuncia del figlio che ha consegnato agli investigatori messaggi e registrazioni di colloqui con l’oncologo e la compagna, Maria Antonietta Sancipriani (anche lei indagata) che hanno permesso di ricostruire la vicenda, poi l’arresto di Rizzi il 28 maggio richiesto dal pm Marcello Quercia e disposto dal gip Giovanni Anglana.
Ma non è tutto. Al momento della notifica dell’atto giudiziario a casa dell’oncologo, infatti, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria hanno scoperto che nascondeva denaro contante per 1,9 milioni di euro in scatole di scarpe e reperti archeologici dall’inestimabile valore, che hanno richiesto l’intervento anche dei carabinieri del Nucleo patrimonio culturale.
Sono stati censiti in totale 11 pezzi, tutti quasi certamente autentici (non copie ben fatte e di nessun valore come voleva far credere l’oncologo) e databili fra il terzo e il quarto secolo avanti Cristo: vasi di diversa natura, un pelike con due anse, un hydria attico bicromo (generalmente usato per l’acqua), uno stamnos (per il vino) nero con figure rosse e un solo manico, due oinochoe (brocche) con collo lungo, un askos (per l’olio), due brocchette, una coppa nera e una a colore naturale (per il vino) basse e un grande kantharos (coppa alta per il vino).
Dalle prime verifiche si tratterebbe di oggetti facenti parte di corredi funerari, che probabilmente provengono da scavi clandestini.
Ora l’oncologo Rizzi è indagato dalla Procura della Repubblica anche per impossessamento illecito di beni archeologici e di ricettazione. La legge, infatti, non ne permette la compravendita e chi si ritrova proprietario per cause fortuite (per esempio per averli ereditati) ha l’obbligo di denunciarne il possesso. È lo Stato, inoltre, che valuta se un reperto archeologico debba essere in un museo o in un salotto.
Questo ritrovamento, sfortunatamente, non è il primo in lista, soprattutto avvenuto in casa di professionisti. Non a caso nel 2020 i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bari hanno sequestrato in Puglia 1329 beni, di cui 1181 archeologici. A questo sequestro, si aggiunge quello effettuato il 28 maggio presso l’abitazione dell’oncologo Rizzi.
Ora i reperti saranno sottoposti all’esame dei funzionari della Sovrintendenza archeologica per certificarne l’autenticità, attribuendone una datazione ipotizzandone l’area di provenienza. Poi, alla confisca seguirà la decisione dello Stato in merito alla loro destinazione eventuale in un museo.
1,9 milioni di euro in contanti nascosti in scatole di scarpe e reperti archeologici dal valore inestimabile in bella mostra in vetrine chiuse a chiave in salotto. È quanto hanno ritrovato i Carabinieri nell’abitazione dell’oncologo bitontino Giuseppe Rizzi, da pochi giorni posto agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione aggravata e ad oggi indagato anche per impossessamento illecito di beni archeologici e ricettazione.
Avrebbe ottenuto 127 mila euro dal paziente Gaggiotti Ottavio, malato di cancro in fase terminale a cui ha fatto credere che i medicinali somministrati fossero a pagamento quando l’uomo ne aveva diritto gratuitamente. Dopo la morte del paziente, però, prima la denuncia del figlio che ha consegnato agli investigatori messaggi e registrazioni di colloqui con l’oncologo e la compagna, Maria Antonietta Sancipriani (anche lei indagata) che hanno permesso di ricostruire la vicenda, poi l’arresto di Rizzi il 28 maggio richiesto dal pm Marcello Quercia e disposto dal gip Giovanni Anglana.
Ma non è tutto. Al momento della notifica dell’atto giudiziario a casa dell’oncologo, infatti, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria hanno scoperto che nascondeva denaro contante per 1,9 milioni di euro in scatole di scarpe e reperti archeologici dall’inestimabile valore, che hanno richiesto l’intervento anche dei carabinieri del Nucleo patrimonio culturale.
Sono stati censiti in totale 11 pezzi, tutti quasi certamente autentici (non copie ben fatte e di nessun valore come voleva far credere l’oncologo) e databili fra il terzo e il quarto secolo avanti Cristo: vasi di diversa natura, un pelike con due anse, un hydria attico bicromo (generalmente usato per l’acqua), uno stamnos (per il vino) nero con figure rosse e un solo manico, due oinochoe (brocche) con collo lungo, un askos (per l’olio), due brocchette, una coppa nera e una a colore naturale (per il vino) basse e un grande kantharos (coppa alta per il vino).
Dalle prime verifiche si tratterebbe di oggetti facenti parte di corredi funerari, che probabilmente provengono da scavi clandestini.
Ora l’oncologo Rizzi è indagato dalla Procura della Repubblica anche per impossessamento illecito di beni archeologici e di ricettazione. La legge, infatti, non ne permette la compravendita e chi si ritrova proprietario per cause fortuite (per esempio per averli ereditati) ha l’obbligo di denunciarne il possesso. È lo Stato, inoltre, che valuta se un reperto archeologico debba essere in un museo o in un salotto.
Questo ritrovamento, sfortunatamente, non è il primo in lista, soprattutto avvenuto in casa di professionisti. Non a caso nel 2020 i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bari hanno sequestrato in Puglia 1329 beni, di cui 1181 archeologici. A questo sequestro, si aggiunge quello effettuato il 28 maggio presso l’abitazione dell’oncologo Rizzi.
Ora i reperti saranno sottoposti all’esame dei funzionari della Sovrintendenza archeologica per certificarne l’autenticità, attribuendone una datazione ipotizzandone l’area di provenienza. Poi, alla confisca seguirà la decisione dello Stato in merito alla loro destinazione eventuale in un museo.
1,9 milioni di euro in contanti nascosti in scatole di scarpe e reperti archeologici dal valore inestimabile in bella mostra in vetrine chiuse a chiave in salotto. È quanto hanno ritrovato i Carabinieri nell’abitazione dell’oncologo bitontino Giuseppe Rizzi, da pochi giorni posto agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione aggravata e ad oggi indagato anche per impossessamento illecito di beni archeologici e ricettazione.
Avrebbe ottenuto 127 mila euro dal paziente Gaggiotti Ottavio, malato di cancro in fase terminale a cui ha fatto credere che i medicinali somministrati fossero a pagamento quando l’uomo ne aveva diritto gratuitamente. Dopo la morte del paziente, però, prima la denuncia del figlio che ha consegnato agli investigatori messaggi e registrazioni di colloqui con l’oncologo e la compagna, Maria Antonietta Sancipriani (anche lei indagata) che hanno permesso di ricostruire la vicenda, poi l’arresto di Rizzi il 28 maggio richiesto dal pm Marcello Quercia e disposto dal gip Giovanni Anglana.
Ma non è tutto. Al momento della notifica dell’atto giudiziario a casa dell’oncologo, infatti, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria hanno scoperto che nascondeva denaro contante per 1,9 milioni di euro in scatole di scarpe e reperti archeologici dall’inestimabile valore, che hanno richiesto l’intervento anche dei carabinieri del Nucleo patrimonio culturale.
Sono stati censiti in totale 11 pezzi, tutti quasi certamente autentici (non copie ben fatte e di nessun valore come voleva far credere l’oncologo) e databili fra il terzo e il quarto secolo avanti Cristo: vasi di diversa natura, un pelike con due anse, un hydria attico bicromo (generalmente usato per l’acqua), uno stamnos (per il vino) nero con figure rosse e un solo manico, due oinochoe (brocche) con collo lungo, un askos (per l’olio), due brocchette, una coppa nera e una a colore naturale (per il vino) basse e un grande kantharos (coppa alta per il vino).
Dalle prime verifiche si tratterebbe di oggetti facenti parte di corredi funerari, che probabilmente provengono da scavi clandestini.
Ora l’oncologo Rizzi è indagato dalla Procura della Repubblica anche per impossessamento illecito di beni archeologici e di ricettazione. La legge, infatti, non ne permette la compravendita e chi si ritrova proprietario per cause fortuite (per esempio per averli ereditati) ha l’obbligo di denunciarne il possesso. È lo Stato, inoltre, che valuta se un reperto archeologico debba essere in un museo o in un salotto.
Questo ritrovamento, sfortunatamente, non è il primo in lista, soprattutto avvenuto in casa di professionisti. Non a caso nel 2020 i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bari hanno sequestrato in Puglia 1329 beni, di cui 1181 archeologici. A questo sequestro, si aggiunge quello effettuato il 28 maggio presso l’abitazione dell’oncologo Rizzi.
Ora i reperti saranno sottoposti all’esame dei funzionari della Sovrintendenza archeologica per certificarne l’autenticità, attribuendone una datazione ipotizzandone l’area di provenienza. Poi, alla confisca seguirà la decisione dello Stato in merito alla loro destinazione eventuale in un museo.
1,9 milioni di euro in contanti nascosti in scatole di scarpe e reperti archeologici dal valore inestimabile in bella mostra in vetrine chiuse a chiave in salotto. È quanto hanno ritrovato i Carabinieri nell’abitazione dell’oncologo bitontino Giuseppe Rizzi, da pochi giorni posto agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione aggravata e ad oggi indagato anche per impossessamento illecito di beni archeologici e ricettazione.
Avrebbe ottenuto 127 mila euro dal paziente Gaggiotti Ottavio, malato di cancro in fase terminale a cui ha fatto credere che i medicinali somministrati fossero a pagamento quando l’uomo ne aveva diritto gratuitamente. Dopo la morte del paziente, però, prima la denuncia del figlio che ha consegnato agli investigatori messaggi e registrazioni di colloqui con l’oncologo e la compagna, Maria Antonietta Sancipriani (anche lei indagata) che hanno permesso di ricostruire la vicenda, poi l’arresto di Rizzi il 28 maggio richiesto dal pm Marcello Quercia e disposto dal gip Giovanni Anglana.
Ma non è tutto. Al momento della notifica dell’atto giudiziario a casa dell’oncologo, infatti, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria hanno scoperto che nascondeva denaro contante per 1,9 milioni di euro in scatole di scarpe e reperti archeologici dall’inestimabile valore, che hanno richiesto l’intervento anche dei carabinieri del Nucleo patrimonio culturale.
Sono stati censiti in totale 11 pezzi, tutti quasi certamente autentici (non copie ben fatte e di nessun valore come voleva far credere l’oncologo) e databili fra il terzo e il quarto secolo avanti Cristo: vasi di diversa natura, un pelike con due anse, un hydria attico bicromo (generalmente usato per l’acqua), uno stamnos (per il vino) nero con figure rosse e un solo manico, due oinochoe (brocche) con collo lungo, un askos (per l’olio), due brocchette, una coppa nera e una a colore naturale (per il vino) basse e un grande kantharos (coppa alta per il vino).
Dalle prime verifiche si tratterebbe di oggetti facenti parte di corredi funerari, che probabilmente provengono da scavi clandestini.
Ora l’oncologo Rizzi è indagato dalla Procura della Repubblica anche per impossessamento illecito di beni archeologici e di ricettazione. La legge, infatti, non ne permette la compravendita e chi si ritrova proprietario per cause fortuite (per esempio per averli ereditati) ha l’obbligo di denunciarne il possesso. È lo Stato, inoltre, che valuta se un reperto archeologico debba essere in un museo o in un salotto.
Questo ritrovamento, sfortunatamente, non è il primo in lista, soprattutto avvenuto in casa di professionisti. Non a caso nel 2020 i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bari hanno sequestrato in Puglia 1329 beni, di cui 1181 archeologici. A questo sequestro, si aggiunge quello effettuato il 28 maggio presso l’abitazione dell’oncologo Rizzi.
Ora i reperti saranno sottoposti all’esame dei funzionari della Sovrintendenza archeologica per certificarne l’autenticità, attribuendone una datazione ipotizzandone l’area di provenienza. Poi, alla confisca seguirà la decisione dello Stato in merito alla loro destinazione eventuale in un museo.