Il 19 Maggio 1991, da qualunque punto di vista la si guardi, è stata una data magica e di fascino per la storia del calcio italiano. E anche unica. La Sampdoria vinceva il suo primo e (finora) solo scudetto. Una squadra speciale con un allenatore speciale, che l’anno successivo ha rischiato di vincere persino la Coppa Campioni.
Storica perché da allora, e sono passati 30 anni, il triangolino tricolore ha abbandonato l’asse Milano-Torino solo altre due volte. All’inizio del nuovo Millennio con l’exploit di Lazio prima (2000) e Roma poi (2001). Quello dei genoani non è però un qualcosa del tutto stupefacente perché era una squadra nel pieno di un ciclo dorato, guidata già dal 1979 dal presidente (imprenditore petrolifero) Paolo Mantovani e in panchina da Vujadin Boskov, ed era nel pieno di un ciclo in climax ascendente. Risaliti dalla B nel 1982, i blucerchiati si erano stabilizzati nella parte sinistra della Classifica e già nel 1985 hanno vinto la Coppa Italia, ripetendo il successo nel 1988 e nel 1989, mentre nel 1990 è stata la volta del primo alloro europeo, rifilando un secco 2-0 all’Anderlecht in finale di Coppa delle Coppe.
Tutto merito di un gruppo che lentamente si è costruito attorno alla figura carismatica di Roberto Mancini, doriano della prima ora benché cresciuto nel Bologna, a cui si è fondamentale – anzi necessario – affiancare Gianluca Vialli, con cui il “Mancio” formerà un’implacabile coppia offensiva e che ha chiuso quella Stagione vincendo la Classifica marcatori con 19 reti. Senza dimenticare un rincalzo di prestigio come Marco Branca.
Quel Campionato, il 1990-1991, è il primo post Mondiale italico. Le milanesi e il Napoli sono le grandi favorite, anche se la regina dell’estate è la Juventus di Gigi Maifredi, che ha acquistato Roberto Baggio, Thomas Hässler, Paolo Di Canio e il difensore brasiliano Julio Cesar.
La Sampdoria, invece, ha prelevato dalla Dinamo Kiev Aleksei Mikhailichenko, un altro tassello di un gruppo affiatato da anni. In difesa, davanti al portiere Gianluca Pagliuca, protagonista di una stagione strepitosa, Moreno Mannini è il terzino destro marcatore, Pietro Vierchowod e Luca Pellegrini erano i due centrali titolari, con Marco Lanna alternativa di quest’ultimo nel ruolo di libero. A sinistra, infine, si alternavano lo sloveno Srecko Katanec e il jolly Giovanni Invernizzi.
A centrocampo Fausto Pari è il mediano titolare davanti alla difesa, mentre il sovietico ha compiti di costruzione di gioco. Nelle occasioni in cui gli acciacchi lo costringono al forfait, al suo posto trova spazio Ivano Bonetti. Beppe Dossena e l’acciaccato Toninho Cerezo si alternano nel ruolo di rifinitore per le due punte, con Attilio Lombardo padrone della fascia destra e devastante quando parte palla al piede.
Incaricato di amalgamare il gruppo era, come detto, Vujadin Boskov, considerato da tutti i giocatori come un papà. Il tecnico serbo, affiancato sempre dal fido Narciso Pezzotti, con le sue battute dissacranti e graffianti, è riuscito a trasformare l’allegria quasi goliardica dello spogliatoio genovese da presunto punto debole a punto di forza.
Qual è stato il film della Stagione? Dopo un girone di andata abbastanza equilibrato, con l’Inter di Giovanni Trapattoni campione d’Inverno, i genoani prendono il largo nel girone di ritorno, a partire da febbraio 1991, e le milanesi fanno fatica a tenere i ritmi.
Giornata decisiva il 5 maggio (mai banale, evidentemente, nella recente storia del pallone nostrano), il dì in cui la capolista ha avuto la meglio sull’Inter per 2-0 a San Siro in mezzo a tante polemiche, mentre quella della vittoria è due settimane dopo. In casa, al “Marassi”, il Lecce si è arreso 3-0.
È trionfo, con 51 punti in cascina (all’epoca si assegnavano due punti a vittoria, ndr), cinque in più delle milanesi e 11 in più del Genoa.
Il sogno di Paolo Mantovani era diventato realtà.
Poteva diventare indelebile anche l’anno dopo, quando quella Sampdoria campione d’Italia è arrivata fino alla finale di Coppa Campioni, il 20 maggio 1992. Ma a Wembley a vincere è stato il Barcellona con una beffarda punizione di Ronald Koeman al 119’.