Fratellanza, uno dei vincoli sentimentali più forti, capace di suscitare innumerevoli reazioni, di sconvolgere situazioni e di creare leggende famose ed incrollabili come quella di Roma, la Città Eterna. Per la cui nascita, avvolta nella notte dei tempi, la fratellanza svolge un ruolo importantissimo: infatti, è impossibile concepirla, quella celebre fondazione, senza Romolo e Remo. Nel mito di Roma, però, la fratellanza è un fattore negativo, divisivo, conflittuale: Remo disobbedisce all’ordine del fratello Romolo di non scavalcare il fossato, da lui appena tracciato, e viene ucciso. Nella famosa leggenda degli orfani gemelli la fratellanza, insomma, si macchia di sangue. Ma, si sa, un mito non è tale senza la violenza, come si riscontra nella leggenda in questione. Che di situazioni ed azioni violente è ricca: infatti, Amulio, re di Alba Longa, spodesta suo fratello Numitore, usa violenza alla figlia di questo (e sua nipote), Rea Silvia, i cui neonati, Romolo e Remo, ordina che siano uccisi; Romolo e Remo sopprimono il loro prozio, Amulio, appunto; poi, Romolo ammazza Remo; infine, i patrizi eliminano Romolo, approfittando di un violento quanto improvviso ed opportuno temporale. Fenomeno meteorologico, quest’ultimo, che introduce il terzo fattore del mito romano, la Natura: rappresentata dai luoghi, dove sorgerà l’Urbe, selvaggi, inospitali, infidi; dai fenomeni atmosferici, che hanno sempre un valore soprannaturale: la pioggia divina da cui è fecondata Rea Silvia, che partorirà due gemelli; l’alluvione del Tevere, che, straripando, metterà in salvo i due neonati abbandonati in una cesta; il cielo sereno di una mattina di primavera inoltrata, che permetterà a Remo di vedere sei avvoltoi ed a Romolo dodici; ma anche testimoniata, quella Natura, dal Palatino, colle inaccessibile ed inespugnabile, dal fico Ruminale, i cui rami bloccano la cesta in cui si trovano i neonati, dal Lupercale, la grotta nella quale i bambini saranno al sicuro sino al sopraggiungere di una lupa che li allatta. Un quarto fattore di questo mito fondante per la Città Eterna è rappresentato, poi, dagli animali in esso attivi: la lupa, violenta e pericolosa, dotata però di forte istinto materno; il picchio verde, che porta il primo boccone ai neonati; gli avvoltoi o, forse, le aquile, presagi favorevoli alla fondazione; il bue e la vacca, utili a Romolo per tracciare il sacro fossato della neonata città. Essi sono, anche, tutti simboli di divinità. Del resto, non può esistere un mito senza gli dei e nella leggenda della fondazione di Roma lo dimostrano Marte, addirittura accreditato come padre dei gemelli, e Vesta come loro madre, Quirino, nome di Romolo dopo la morte, Thibris, il dio benevolo del fiume, Pales, Fauno, Pico, le divinità dei luoghi in cui la leggenda si ambienta. Che per risultare più interessante ed intrigante si avvale di ingredienti cosiddetti minori: l’intervento salvifico di pietosi aiutanti, cioè il pastore Faustolo e la prostituta Acca Larentia; il rito della fondazione, simile a quello della fecondazione con l’aratro di Romolo che penetra nella terra; la presenza di una montagna sacra, il Palatino, e di una meno sacra, l’Aventino; il ricorrere di numeri elementari ma molto simbolici: il 2 relativo ai fratelli, alla coppia animale dell’aratro, ai colli coinvolti nel prendere i presagi; l’1, colui che rimane a governare, quasi sempre dispoticamente (Amulio, Romolo); 6 e 12, gli avvoltoi avvistati; 18, gli anni necessari ai due gemelli per compiere la vendetta familiare e fondare una città; 7, gli dei attivi nella leggenda, i colli coinvolti Palatino, Esquilino, Aventino ..), i futuri re di Roma Romolo, Numa Pompilio, Anco Marzio, Tullio Ostilio …). Ed infine il 21, il giorno di aprile, primavera inoltrata, in cui si celebravano le Palilie, le solenni feste in onore di Pales, la dea della Natura, protettrice delle greggi e dei pastori, fattori fondamentali per l’economia primitiva della Roma arcaica (che, in Latino, si avvale della pecunia, denaro, da pecus, bestiame). Pales è, forse, la divinità più importante per le popolazioni laziali primitive cui appartengono i Romani; dal suo nome derivano i vocaboli Palatinus, il colle sacro dei Romani ed a lei dedicato, e Palatium, la maestosa sede del potere imperiale, quella voluta da Augusto, che acquistò la casa di Romolo (il Lupercale) per inglobarla nel suo palazzo, appunto. E che, per primo, dopo tantissimi anni, fece celebrare i Ludi Saeculares, cioè le solenni feste per ricordare la fondazione dell’Urbe ogni cento anni, servendosi del rituale proprio delle Palilie: ordinò di consegnare ai cittadini torce imbevute di zolfo e bitume, per purificare la Città. Del resto, lui, Augusto, il primo imperatore, si sentiva un novello Romolo, poiché sosteneva (a giusta ragione) di aver rifondato la Città Eterna. E di aver fatto tutto da solo. Perché sembra non avesse fratelli. Solo una sorella.