Quando si parla di riti della Settimana Santa, ci si immerge subito in un’atmosfera particolare composta da ricordi,immagini,musiche, emozioni, odori e tradizioni.
Questi riti, come per magia, fanno da trait d’union tra generazioni, tra presente, passato e futuro con delle immagini che fungono da colonna sonora per la vita di un bitontino:l’odore d’incenso, le lunghe processioni, i misteri, la Neuc, la Madonn, il Legno Santo, le fiaccole e le strade gremite di gente.
I riti della Settimana Santa hanno il fascino di un qualcosa senza tempo; è religione ma anche profonda umanità.
È inammissibile pensare che la croce esposta in quaresima non sia un segno appartenente a noi tutti. La sorreggiamo sulle spalle tutti i giorni con il peso dei nostri problemi. Come non vedere nel volto della Madonna che vaga per il paese inseguendo suo Figlio Morto, il volto di ogni madre che soffre per la perdita di un figlio?
I riti sacri sono simboli che abbracciano la vita di ognuno di noi.
Religiosità? Magia?Tradizione?
Chi saprebbe dirlo!
E’ proprio nel buio della sera che le processioni ti trasportano in una dimensione mistica coinvolgente. Ai bordi delle strade oltre le fiaccole, riesci a scorgere i volti della gente scolpiti e assorti in preghiera; chi ha gli occhi chiusi e chi piange dall’emozione.
Tutto avviene in religioso silenzio sulle note delle bande che alternandosi eseguono le marce di autori bitontini: Michele Carelli, La Rotella, Delle Cese, Biagio Abbate.
Michele Carelli (06-01-1838 – 14-01-1911) a centodieci anni dalla sua dipartita viene ancora descritto dalla critica locale “l’autentica colonna sonora della settimana santa bitontina”. La sua effigie recita in questo modo: “Al geniale compositore di marce funebri” Michele Carelli.
Un maestro dalle mille sfaccettature. Musicista rimasto quasi cieco forse per lo sforzo costante sui manoscritti musicali. Definito in un libro dell’85 da Nicola Morea come “cantore del dolore”.
Ha composto una marcia funebre per ogni stazione della via crucis per un totale di quattordici marce.
Nel caso della produzione del Carelli, però, attribuire ai suoi capolavori il termine di marcia funebre sembrerebbe un po’ riduttivo in quanto non siamo dinanzi alla classica forma tripartita di una marcia funebre “tradizionale”.
Oserei nel definirli veri e propri poemi sinfonici. Basti partire dalla spiegazione della forma del poema sinfonico: composizione di ampio respiro, quasi sempre in un solo movimento, che sviluppa musicalmente un’idea ispirata ad un’opera letteraria, figurativa, filosofica, può anche essere un omaggio a luoghi e ad occasioni particolari, ed anche una libera interpretazione del compositore.
Osservate in religioso silenzio il dondolio delle sacre immagini, ascoltate le composizioni suonate con maestria dalle bande locali, chiudete gli occhi continuate a focalizzare quelle immagini e quelle musiche e ditemi se non sono fatte l’una per l’altra. Poesia allo stato puro.
Grazie al terzo cd Michele Carelli – “cantore del dolore” inciso dall’Associazione Musicale Culturale Davide Delle Cese ci saranno due importanti novità frutto di costante studio e ricerca durante gli anni.
Nell’incisione della marcia funebre n.6, marcia tra le più popolari ed apprezzate del Maestro, si potranno ascoltare delle differenze rispetto alle vecchie trascrizioni. Il lavoro filologico sulla partitura nato esattamente 20 anni fa è finalmente completo. L’incipit avviene nel 2001 grazie all’apporto del Preside Procacci il quale ha fornito al M° Desantis una prima copia del manoscritto, però mancante di una pagina; del prof. Luigi Sebastiano Lauta il quale ha fornito copia del manoscritto originale poco leggibile e grazie al prof. Nicola Pice il quale nel 2020 ha fornito la partitura originale integra.
La differenza sostanziale consta nell’aggiunta ai bassi di una piccola scala discendente di crome puntate con semicrome dal do sulla tonica di fa maggiore (misure 115-117) e in alcuni punti prima del maggiore in cui i corni suonano all’unisono e non armonizzati come siamo abituati ad ascoltarli.
Altro studio importante è possibile visionarlo proprio sulla copertina del disco. Per la prima volta in assoluto possiamo conoscere il volto del M° Carelli grazie ad un lavoro minuzioso dell’artista Michele Martucci.
Il ritratto, olio su tela, trae ispirazione da altri due bozzetti effettuati sempre dall’artista nel 2011 per il centenario dalla morte del Carelli e in occasione dell’annullo filatelico. I due ritratti sono stati frutto di studio dell’unica foto esistente, in bianco e nero e tra l’altro di profilo, custodita nella cappella di Santa Maria del Suffragio. Seguendo i tratti della fisiognomica del Maestro, il Martucci è riuscito a ricostruire l’immagine frontale.
A conferma del lavoro andato a buon fine l’artista ci racconta che in laboratorio, appena terminato il lavoro e ancora posizionato sul cavalletto, passò a trovarlo il compianto Mario Moretti (studioso di Tommaso Traetta e di vari compositori bitontini e non) che nel vedere il ritratto esclamò: “Michè, ma questo è Michele Carelli”.
Il lavoro, la ricerca filologica e la salvaguardia delle partiture originali dei compositori locali è sempre attivo nell’Associazione Delle Cese, quindi non ci resta che attendere la pubblicazione dell’opera omnia del Carelli.
Salvatore Pirolo
Ritratto a cura dell’artista Michele Martucci