Prima messa solenne a Bitonto per Mons. Giuseppe Satriano, nuovo arcivescovo della Diocesi di Bari-Bitonto. A poche settimane dal suo insediamento, nella cattedrale cittadina, Monsignor Satriano ha salutato la comunità cattolica bitontina ringraziando la Diocesi di Bari – Bitonto per il percorso «fecondo e ricco di grazia» degli ultimi decenni, «proteso nell’attenzione alla persona a tutto campo, esprimendo una realtà caritative di grande portata che hanno saputo offrire risposte concrete ai disagi emergenti».
Sottolineando, poi, l’impegno, tra gli altri, di due vescovi bitontini come Mons. Cristoforo Palmieri, vescovo emerito di Rrëshen, in Albania, e Monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio, con cui Satriano ha condiviso questi ultimi cinque anni di servizio in Calabria, il religioso ricorda poi l’episodio, raccontato dal Vangelo di Marco, dell’incontro di Gesù con un lebbroso. Episodio che, alla narrazione della sofferenza della malattia unisce quella del dolore e della vergogna per la colpevolizzazione che si fa della malattia. Un episodio che insegna che «è difficile fare del bene senza sporcarsi le mani».
Un invito, quest’ultimo, da intendersi come necessità di una relazione autentica: «Sottolineo “relazione” perché questi giorni la relazione è in crisi. La paura ci isola, ci allontana, ci distanzia. E ciò che deve essere un atteggiamento prudenziale, in molti casi diventa isolamento. E questo sta creando molta sofferenza, specialmente nei più piccoli».
C’è bisogno, continua il vescovo, anche di compassione, da intendersi come rifiuto dell’indifferenza verso la sofferenza altrui, rifiuto dell’abbandono dell’altro.
«Davanti alla condizione di sofferenza del fratello o della sorella, Gesù propone di fermarsi, ascoltare, stabilire una relazione diretta e personale con l’altro. Sentire empatia e commozione. Lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza, fino a farsene carico nel servizio» continua, citando il messaggio di Papa Francesco alla 39esima Giornata del malato, e auspicando una sempre maggiore inclusione: «Abbiamo bisogno di inclusione, nei nostri rapporti interpersonali, nei rapporti comunitari, familiari e soprattutto nei confronti della sofferenza e nei confronti degli altri».
Inclusione necessaria affinchè possiamo rendere all’altro «un servizio che non è mai ideologico, perché non serve idee ma persone. Serve un reale coinvolgimento nella storia dell’altro, altrimenti la nostra fede verrebbe meno ad una coerenza, si avrebbe lo scivolamento nell’idolatria di sé, facilitando fughe verso forme di individualismo devastante che lascia il mondo fuori dalla porta del proprio cuore».