Come ogni anno, l’8 gennaio, per Bitonto, è una data da dedicare alla memoria. La memoria di un figlio prematuramente strappato alla vita da mani e menti criminali. Parliamo, ovviamente di Michele Tatulli, il poliziotto bitontino che, 41 anni fa, fu assassinato dalle Brigate Rosse a Milano, insieme ai due colleghi Rocco Santoro e Antonio Cestari, in quella che è tristemente nota come strage di via Schievano.
Nell’atrio di Palazzo gentile, dove è posta una lapide a ricordo di quel sacrificio, ieri, come ogni anno, si è tenuta la cerimonia in onore di Tatulli, alla presenza dei rappresentanti delle forze dell’ordine, del sindaco e della famiglia, sempre impegnata nel difficile impegno di mantenere viva la memoria.
«Quest’anno, il ricordo di Michele Tatulli è di un’importanza particolare, essendo, questo, un periodo in cui lo Stato è attaccato nella sua credibilità. Michele era uno di noi, un cittadino di Bitonto e un agente della Polizia di Stato che compiva il suo dovere, come agente e come servitore dello Stato. Ricordare oggi di quanto si è privato Michele, di quanto si è privata la sua famiglia, e paragonarlo ai piccoli sacrifici che ci vengono chiesti per aiutare tutta la nostra società, potrebbe farci lamentare meno, facendoci capire quanto noi stessi possiamo essere importanti per lo Stato. Oggi abbiamo voluto ricordare Michele in questo modo, come una persona che ha sacrificato tutto per lo Stato italiano e che, anche oggi, si sacrificherebbe ancora, ancora e ancora» è stato il ricordo di Michele Abbaticchio.
«È importante ricordare mio fratello perché era un giovane, un ragazzo. Perché ai ragazzi di oggi, ai quali sembra che tutto sia dovuto, occorre un esempio. Michele avrebbe voluto avere tutto, come loro. Essere giovani significa avere una vita davanti e, dunque, pensare a costruire qualcosa per il futuro proprio e degli altri. Ciò che non ha potuto avere mio fratello, a tradimento» ha aggiunto Grazia Tatulli, sorella di Michele: «Per i brigatisti, per gli assassini, non ci deve essere tanto rispetto, tanta riverenza. Quei signori sono stati trattati da persone per bene. Io ce l’ho per questo. Ancora oggi, nei confronti della famiglia, non sono stati fatti i dovuti chiarimenti, che la sottoscritta chiede a gran voce».