DI CAROLA DEMICHELE, 2^ A, LICEO CLASSICO “C. SYLOS”
“Tutto iniziò in un giorno di violenza.
Erano nove anni che gli Achei assediavano Troia: spesso avevano bisogno di viveri o animali o donne, e allora lasciavano l’assedio e andavano a procurarsi quel che volevano saccheggiando le città vicine. Quel giorno toccò a Tebe, la mia città. Ci presero tutto e se lo portarono alle loro navi
Fra le donne che rapirono c’ero anch’io. Ero bella: quando, nel loro accampamento, i principi achei si divisero il bottino, Agamennone mi vide e mi volle per sé. Era il re dei re, e il capo di tutti gli Achei: mi portò nella sua tenda, e nel suo letto. Aveva una moglie, in patria, si chiamava Clitemnestra. Lui l’amava. Quel giorno mi vide, e mi volle per sé”
Nell’Iliade, rivisitata da Alessandro Baricco, a pronunciare queste parole è una schiava, Criseide, prigioniera, bottino di guerra del re greco Agamennone. La prima di tante donne violentate e offese durante secoli di sopraffazioni e discriminazioni.
Proprio di qui, dalle donne dell’Iliade, ha preso avvio una lezione in compresenza delle Docenti di Greco e Scienze giuridiche con noi ragazzi della classe 2^A del Liceo classico “C. Sylos”, in occasione della Giornata contro la violenza sulle Donne.
Naturalmente, data la situazione di emergenza epidemiologica, l’incontro è avvenuto on line, ma senza perdere di efficacia.
Attraverso la lettura di passi delle letteratura greca legati a figure o a voci femminili (Criseide, Briseide, Elena, Andromaca, Medea) abbiamo provato a ricostruire le condizioni in cui vivevano le donne ai tempi dell’antica Grecia per poi approdare ai giorni nostri, quando, purtroppo, la parità tra i sessi è ancora un traguardo da raggiungere.
In Grecia la donna, prima di essere tale, era un oggetto, al pari di cibo e bestiame; destinata a vivere tra le mura dello spazio a lei dedicato, trascorreva la vita in una condizione di semiclausura e il suo corpo era merce per gli uomini. Era priva di libertà, non godeva di alcuna forma di diritto e/o indipendenza. E se presso gli Spartani le veniva concesso di frequentare le palestre insieme agli uomini, questo aveva un preciso fine politico, poiché si voleva che donne robuste e in salute generassero futuri guerrieri forti e vigorosi.
Era una donna tanto desiderata quanto temuta dagli uomini, ritenuta quasi “pericolosa” poichè dotata di un’arma invincibile, la seduzione. Poteva scatenare guerre decennali, come nel caso di Elena, o essere fatale per gli uomini che incontrava (si pensi a Odisseo, grande eroe, che però teme il canto delle Sirene, tanto soave quanto letale).
Derisa e sbeffegiata da poeti misogini (si pensi alla donna “scrofa, cagna , volpe, scimmia” nei versi del poeta Semonide), la donna greca visse per secoli in quello che possiamo definire un vero e proprio stato di minorità. Folgoranti a tal proposito le parole di Medea “Di tutti gli esseri viventi che hanno intelligenza, noi donne siamo gli esseri più infelici; prima di tutto bisogna che noi con eccesso di ricchezza compriamo uno sposo, come anche padrone del corpo: […]per le donne non sono onorevoli i divorzi, né è possibile ripudiare lo sposo. E dicono che noi viviamo in casa una vita senza rischi, mentre quelli combattono con la lancia;ma si sbagliano, perché tre volte sarei disposta a stare presso lo scudo piuttosto che partorire una volta sola.” Un manifesto femminista ante litteram.
Terminato l’excursus letterario siamo passati ad esaminare la figura femminile dal punto di vista giuridico.
Fino ai primissimi anni del XX secolo la donna era considerata legalmente “incapace”. La svolta avvenne durante la Prima Guerra Mondiale, quando le donne si sostituirono agli uomini chiamati al Fronte. In quel periodo diedero prova di tanto coraggio e determinazione, per cui il Parlamento riconobbe loro la “capacità di agire”.
Lo stesso coraggio che ritroviamo nelle Partigiane che diedero il loro contributo durante la Resistenza. Le donne ottennero il diritto al voto solo nel 1945 e, l’anno successivo, molte parteciparono alla Assemblea Costituente: è a loro che dobbiamo la presenza di articoli costituzionali (3 – 4 – 29 – 51) che stabiliscono la parità di genere nella nostra Costituzione.
Eppure, nonostante l’evoluzione giuridica, ancora oggi non è cambiata la concezione che alcuni uomini hanno della donna, che ogni giorno è vittima di violenze in qualche angolo del mondo. In particolare, negli anni 2010 si assistette ad un tale incremento di atti di violenza a danno delle donne che nel 2013 si rese necessario intervenire dal punto di vista normativo con un provvedimento che inaspriva le pene per reati già previsti dal Codice penale nel caso in cui la vittima fosse donna.
Come afferma la giurista Eva Cantarella, studiosa delle civiltà antiche, uno degli aspetti istruttivi della storia dell’emancipazione femminile è il fatto che”essa mostra come il cammino verso l’emancipazione sia tutt’altro che irreversibile… Ovviamente, nessun parallelo è possibile tra quei tempi e quelli in cui viviamo: la storia non si ripete mai. Ma ancora una volta ci mostra che il suo cammino non è lineare, e che non sempre procede verso situazioni più progredite. Oggi, molti riconoscimenti, molte conquiste fatte dalle donne sono messi in discussione, e una mentalità che sembrava finalmente e definitivamente superata sembra riemergere dal passato… I termini del problema sono cambiati, ma quella che una volta veniva chiamata la ‘questione femminile’ esiste ancora”.
E’ per questo che non solo oggi, ma tutti i giorni, è doveroso celebrare il valore della donna, che va ben oltre il suo corpo, il colore della sua pelle, la sua bellezza esteriore: la bellezza, quella vera, è data dall’intelligenza, dalle caratteristiche e dalle doti che ognuna di noi ha.