Il giornalista bitontino Marino Pagano ha presentato ieri il suo libro “Chiara Da Montefalco. Una monaca medievale con il cuore aperto al mondo“, edito da “Fede & Cultura” e pubblicato nel marzo scorso.
«Un interesse che nasce girando per i vicoli umbri, ma poi si è sostanziato con il mio grande interesse per le storie di queste donne mistiche, sante e per le donne e gli uomini di spirito, persino eretici, visti comunque in chiave storica e storiografica. Mi interessano, dunque, anche coloro che nella storia sono stati pensati, definiti, condannati come eretici. Quindi, ho sempre provato fascino per queste figure, di cui Umbria e Toscana sono piene» spiega Pagano, parlando della genesi dell’interesse per la sua ricerca su Chiara da Montefalco, alla presenza del teologo e saggista don Nicola Bux, dello storico delle religioni Leo Lestingi, di Roberta Simini, docente di teologia patristica, e del giornalista Francesco Mastromatteo.
Ma la sua prima pubblicazione autonoma non è solo una biografia della santa umbra, ma anche un racconto dell’Umbria medievale: «Chiara è, sì, una donna della realtà claustrale, ma è anche una donna che ha un interesse a contestare la realtà in cui vive, con gli strumenti che potevano essere a disposizione di una donna del medioevo. Chiara, come dimostrano varie fonti, chiese lei di andare nel reclusorio. Ci sono anche carte a dimostrarlo, oltre a studi come quelli di Silvestro Nessi che, nel libro “Le origini del Comune di Montefalco”. Chiara ha tutti i caratteri della figura che ha seguito la fede in un contesto sì di contrizione, afflizione, autoreclusione, ma ama il tracciato popolare, contadino, come mostrano diversi documenti. Chiara ha un interesse anche sociale, perché critica le istituzioni di appartenenza».
«Da noi in Puglia non sono mancate realtà simili, come il monastero Santa Scolastica a Bari, le certosine a Foggia, le celestine a Castellana, le benedettine di Bari. La Puglie ne è piena, ma si faceva più fatica, per gli storici, a far emergere i tratti biografici delle singole figure. Hanno avuto meno facilità rispetto all’Umbrio o alla Toscana, dove si è potuto contare sulla presenza di santi legati al campanile, come elemento identitario di patriottismo municipalista (mentre da noi le figure dei santi patroni sono spesso di importazione)» aggiunge il giornalista, spiegando come questa sia la risposta a chi, spesso, mi chiede: «Come mai fai, allo stesso tempo, ricerche storiche sui santi e sui paesi?».
«Non vedo altri argomenti così concilianti tra loro, dato che si dice spesso che l’Italia è paese di santi, eroi e navigatori. Questa spiritualità è un tratto peculiare dell’Italia più profonda» conclude Pagano.