DI FRANCESCO RUTIGLIANO
In previsione dell’apertura delle scuole, molti sono gli interrogativi.
Uno di questi è la tutela del lavoratore fragile ultra 55enne. Essa viene affrontata senza la giusta attenzione.
Le indicazioni operative del 21 agosto per la gestione di casi e focolai di SARS-CoV-2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia, prodotto dal Gruppo di Lavoro ISS, Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, INAIL, Fondazione Bruno Kessler, Regione Emilia-Romagna, Regione Veneto ritengono che “il concetto di fragilità va individuato nelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti (due o più patologie) che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto, anche rispetto al rischio di esposizione a contagio”.
Rispetto al documento tecnico dell’INAIL, pubblicato nel mese di aprile, nelle indicazioni operative del 21 agosto viene esclusa la Sorveglianza sanitaria e la tutela dei lavoratori fragili con età >55 anni.
Ma vi è di più! Nella recente circolare congiunta dei Ministeri del Lavoro e della Salute viene precisato che “non c’è automatismo tra l’età del lavoratore e l’eventuale condizione di fragilità rispetto al Covid. Il solo parametro dell’età non costituisce elemento sufficiente”.
Quindi, non basta aver superato i 55 anni per sentirsi a rischio e chiedere di essere esentati da alcune attività, ma va chiesta al datore di lavoro «l’attivazione di adeguate misure di sorveglianza sanitaria in ragione dell’esposizione al rischio Covid in presenza di patologie con scarso compenso clinico».
Tra l’altro, anche la Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, nel corso dell’intervento su Radio 24 ha ribadito il concetto secondo cui “Chi ha più di 55 anni non è per definizione un lavoratore fragile”.Non basta avere più di 55 anni per essere un lavoratore fragile”.
Secondo la Ministra “bisogna avere patologie pregresse di un certo rilievo. C’è una procedura per stabilire se un lavoratore è fragile e se deve essere sottoposto a sorveglianza speciale”.
Vedute diverse a discapito del lavoratore fragile in un momento particolare, in cui si sta assistendo ad un aumento dei contagi. Su questo argomento ed altri abbiamo voluto sentire il parere del presidente della Fnomceo, (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri) dott. Filippo Anelli, già presidente dell’Ordine dei medici di Bari.
Per il presidente Anelli, riguardo all’esclusione dei lavoratori fragili con più di 55 anni dalla sorveglianza sanitaria, “Non ci sono ragioni per cui si possano escludere questi lavoratori da una serie di benefici. Quella condizione riconosciuta nella prima parte del Covid può essere tranquillamente riconosciuta oggi nuovamente. Una dimenticanza su cui si dovrà insistere affinchè si trovi un rimedio. Non ho letto da nessuna parte che ci siano motivazioni che portano ad una loro esclusione. Condivido quello che ha dichiarato Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, secondo cui “si stanno creando forti disagi proprio a quella categoria di lavoratori che dovrebbe essere tutelata di più rispetto agli altri perché in condizioni di fragilità”.
Al presidente Anelli è stato chiesto se fosse giusta l’indicazione del CTS (Comitato Tecnico Scientifico) di far misurare la temperatura corporea agli studenti nelle proprie abitazioni, prima di andare a scuola. Secondo il presidente Anelli, “come già sostenuto in altre circostanze, devono essere le scuole a fornirsi di termoscaner per misurare la temperatura”.
In base agli ultimi dati, la maggior parte dei positivi al Covid-19 sono asintomatici. Allora, abbiamo chiesto al presidente Anelli come individuare gli studenti asintomatici. “Non è una eccessiva medicalizzazione la soluzione giusta – sostiene il dott. Anelli -. Credo molto sulla prevenzione, cioè sul fatto che ci sia un adeguato livello di tutela degli alunni che devono rispettare le tre regole auree e cioè portare la mascherina, rispettare il distanziamento sociale ed evitare gli assembramenti. Se uno mette la mascherina la riduzione del rischio di contagio è elevata, cioè si riduce drasticamente la possibilità di prenderla anche attraverso la mascherina”.
Le indicazioni impartite dal CTS con il verbale n.104 del 31 agosto 2020, riguardo all’uso della mascherina in classe, sono: “la mascherina potrà essere rimossa in condizione di staticità con il rispetto della distanza di almeno un metro, l’assenza di situazioni che prevedano la possibilità di aerosolizzazione (es. canto) e in situazione epidemiologica di bassa circolazione virale come definita dalla autorità sanitaria”.
Su questo punto il presidente Anelli ritiene che “Le indicazioni sull’uso della mascherina nella scuola fornite dal CTS sono state fatte in un momento di normalizzazione, in un momento in cui anche la diffusione del virus non sembrava prendere questa impennata. Oggi, di fronte ai dati che sono comunque in aumento, e di fronte al fatto che sono sempre di più gli asintomatici, che saranno quelli che diffonderanno il virus, noi abbiamo imparato dal passato che non portare le mascherine rappresenta un pericolo. Se abbiamo imparato questo insegnamento mettiamolo in atto. Portare le mascherine serve a ridurre la possibilità di diffondere il virus. In una situazione in cui i casi aumentano è opportuno che si dia questa indicazione, ossia di utilizzare la mascherina come presidio, anche perché non fa male”.
Mentre, sul tipo di mascherina da utilizzare da parte degli studenti, il dott. Anelli, come già evidenziato in altra circostanza, consiglia “che gli studenti utilizzassero la mascherina chirurgica anziché quella di stoffa, in quanto è più tollerata rispetto a quella di stoffa. Si può tenere più a lungo. È fatta di strati più sottili e sovrapposti eppoi anche perché da’ un livello di protezione maggiore. La mascherina di stoffa la possiamo portare per strada, nei negozi. Nelle comunità dove la possibilità della diffusione del virus esiste, forse è meglio usare quella chirurgica”.
Al presidente della Fnomceo è stato chiesto cosa ne pensasse riguardo alla difficoltà degli studenti non udenti di leggere il labiale del proprio interlocutore, ovvero della difficoltà di leggere il labiale del docente, dei compagni, se questi hanno la mascherina. “Questo è un bel problema – sostiene il dott. Anelli -. Oggi buona parte di queste persone utilizzano gli smartphone e con questi è possibile. Con lo smartphone è possibile trasferire tutto una serie di linguaggi anche in testo. Forse bisognerebbe diffondere queste metodiche, soprattutto per i non udenti, e superano la questione del labiale. Quindi abbiamo uno strumento concreto per cui lo studente legge sullo smartphone quello che viene detto”.
È evidente che c’è bisogno di approfondire il fenomeno del contagio e il suo impatto nel settore scolastico, al fine di rafforzare tutte le misure necessarie per garantire la tutela della salute e sicurezza di tutti gli studenti e dei lavoratori.