Dopo la lunga pausa estiva, è tornato ieri il Consiglio comunale e il punto più importante era senza dubbio il Regolamento che va a disciplinare la videosorveglianza sul territorio comunale. Si tratta di un provvedimento necessario e inevitabile, con cui da Palazzo Gentile vanno da un lato a disciplinare il trattamento dei dati personali, dall’altro a mettere nero su bianco le modalità elettroniche e tecnologiche con le quali si vorrà e dovrà controllare il territorio, vista anche la carenza ormai decennale di occhi umani per farlo.
Non ci sarà nessun “Grande Fratello” di orwelliana memoria perché tutto verrà fatto secondo il rispetto assoluto delle normative vigenti nazionali e comunitarie.
Il Regolamento, approvato all’unanimità, in pratica individua gli impianti di videosorveglianza di proprietà del Comune di Bitonto (sono 54 ai quali si devono aggiungere altri sei del commissariato di Pubblica sicurezza, ndr) o da esso gestiti e i soggetti autorizzati al trattamento dei dati con i relativi ambiti di potere, e disciplina gli adempimenti, le garanzie e le tutele per il legittimo e pertinente trattamento dei dati personali.
E c’è subito da dire che non saranno soltanto telecamere standard, ma ci potranno essere anche i droni, ma dopo il parere della Prefettura.
Si legge, infatti, che “il sistema di videosorveglianza potrà essere integrato con le apparecchiature di rilevazione della targa dei veicoli in transito, apposte lungo i varchi di accesso perimetrali alla rete viaria cittadina, ai fini della sicurezza urbana e controllo della circolazione veicolare.” Ma c’è dell’altro, perché da un lato “la polizia locale (dove sarà la centrale operativa di tutto, nonché la gestione e l’utilizzo del sistema) si avvale, qualora non risulta possibile o si rilevi non efficace, il ricorso a strumenti e sistemi di controllo alternativi, di un sistema di videosorveglianza realizzato mediante l’utilizzo di telecamere mobili anche denominate “foto trappole”, dall’altro “il Comune può avvalersi della “video content analysis” che costituisce un insieme di tecniche dell’intelligenza artificiale e della computer vision che consentono a un calcolatore di analizzare un flusso video, allo scopo di comprenderne il contenuto e di annotarlo automaticamente senza l’intervento umano”.
Sul trattamento dei dati personali, inoltre, è tutto specificato nei minimi dettagli: “L’attività di videosorveglianza raccoglie esclusivamente i dati strettamente necessari per il raggiungimento delle finalità perseguite, registrando le sole immagini indispensabili, limitando l’angolo visuale delle riprese, evitando (quando non indispensabili) immagini dettagliate, ingrandite o dettagli non rilevanti, nel rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza. La conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza è limitata, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a festività o chiusura di uffici, e qualora l’attività sia finalizzata alla tutela della sicurezza urbana, il termine massimo di conservazione dei dati è fissato in sette giorni successivi alla rilevazione dell’informazione e delle immagini, fatte salve specifiche esigenze di ulteriore conservazione. Al termine del periodo di conservazione, le immagini saranno cancellate mediante sovra-registrazione automatica”.
Sul provvedimento, seppur condiviso da tutti, non sono mancate le discussioni soprattutto per merito della forzista Carmela Rossiello, che ha puntato attenzione sugli impianti di sorveglianza non funzionanti.
Michelangelo Rucci (Governare il futuro), invece, ha chiesto maggiore impegno per le zone periferiche, quelle meno sprovviste di occhi elettronici.
E proprio a riguardo, l’assessore alla Polizia locale, Cosimo Bonasia, nonché relatore del provvedimento, ha annunciato l’intenzione di partecipare a un bando ad hoc in scadenza a metà ottobre.