Qualcuno, magari, avrà fatto dimestichezza con questo episodio grazie alla piattaforma streaming “Netflix” che, il dì di Santo Stefano dello scorso anno, ha inserito nel suo catalogo questa serie televisiva: “Destini in fiamme”. Racconta le vicende di tre donne sopravvissute alla tragedia del 4 maggio 1897 e di come questo evento cambierà la loro vita.
Il titolo, però, non rende idea di quale sia il punto di partenza. Un fatto storico realmente accaduto che ha segnato la storia del cinema e cinematografo, che era di casa proprio nei e dai cugini transalpini.
Siamo al “Bazar de la Charitè”, in realtà di una fiera di beneficenza, organizzata nella Parigi della Belle Époque per raccogliere fondi da destinare alle opere di carità patrocinate. Inaugurata nel 1885, si svolgeva ogni anno in un diverso luogo di Parigi, grazie al coinvolgimento di enti di carità, riuniti in un consorzio.
Ogni volta si sceglieva un tema diverso e nel 1897 si scelse di riprodurre una strada medievale all’interno di un capannone di legno. La riproduzione è costruita con stoffe, cartapesta, legno e cartone e altro materiale piuttosto infiammabile. Inutile dire che erano gli anni in cui nessuno sa cosa siano e parla di norme di sicurezza e le uscite non erano adeguatamente segnalate.
A tutto questo bisogna aggiungere altri elementi, che proprio dettagli non sono: tra le attrazioni, oltre ai banchi dove venivano venduti pizzi, lingerie e ciondoli, era presente una sala in cui assistere alla proiezione di vedute animate, proiettate dal cinematografo, inventato pochi anni prima dai fratelli Lumiére.
Basta questo preambolo per capire cosa sarebbe successo di lì a poco.
Martedì 4 maggio, secondo giorno d’esposizione, i due macchinisti del cinematografo, non avendo abbastanza spazio per muoversi agilmente intorno ai macchinari ed essendo separati dalla sala solo tramite una tenda, dovettero ricaricare l’etere che era terminato nelle lampade. Non c’era la luce e uno dei due ebbe la brillante idea di accendere un fiammifero in uno spazio ristrettissimo.
È l’inizio dell’ecatombe.
L’etere prese subito fuoco, poi la tenda, e quindi velocemente in sala, tendaggi, cartapesta utilizzata per l’allestimento, il legno, il cartone. Tutto il Bazar, in pochissimi minuti, era avvolto dalle fiamme.
In quel momento erano presenti circa 1.500 persone, principalmente donne, come tutte le espositrici. I proiezionisti si diedero un gran da fare per salvare più persone possibili, ma in realtà molti riuscirono a scappare grazie all’aiuto del personale del palazzo adiacente. Le fiamme sono state domate dopo soltanto un’ora e mezza, e dopo che ogni cosa era ormai arsa.
Centoventisei persone, però, non sono sopravvissute. Ben 118 erano donne, quasi tutte dell’alta aristocrazia parigina e tra queste c’era anche la sorella della principessa Sissi, all’anagrafe Sofia Carlotta di Baviera. Molte vittime furono riconosciute solo attraverso indumenti o gioielli che portavano, altri tramite i calchi dentali.
Per Parigi e il neonato cinema fu una tragedia senza precedenti, tanto più che l’eco nazionale e fuori dai confini è stato fragoroso.
A essere dichiarati responsabili sono stati i due proiezionisti e il responsabile della sicurezza, ma in virtù della legge Bérenger, che prevedeva la condizionale per gli incensurati, tutte le condanne sono state sospese.
L’episodio ha creato molta diffidenza nei confronti del cinematografo, strumento ancora recente e di nicchia, ma che decise di correre ai ripari. Pochi mesi dopo entrò in vigore un’ordinanza parigina che definiva misure di sicurezza per l’utilizzo del cinematografo e per i ritrovi pubblici, che le cabine di proiezione dovessero essere separate dalla sala degli spettatori e realizzate in materiale ignifugo, e il divieto di utilizzare lampade di tipo ossi-etere, troppo pericolose.
Oggi, sul luogo della tragedia, esiste una cappella commemorativa – Notre-Dame de Consolation – in memoria di quelle vittime.