Ad un certo punto, è sceso d’incanto un silenzio sovrannaturale e ferito, quasi un sudario che si fosse posato sulle mestizie della nostra quotidianità per tacitarle alfine e rendere omaggio ad un ragazzo che è diventato, in un pugno di ore, il fratello, il nipote, il figlio, l’amico di ognuno di noi.
Sulla vasta piazza assolata han preso a riecheggiare le parole di padre Gianni Giusto, toccava a lui celebrare l’ultimo saluto a Michele Perrini, il 23enne morto sul lavoro qualche giorno fa.
Una ragazzina ha appallottolato l’ultimo fazzolettino madido di lacrime e lo ha riposto nella borsetta, come una reliquia.
Un’altra si è guardata intorno e si è sentita sola, solissima pur immersa nella folla sul sagrato della Basilica.
Una donna ha ascoltato le parole giuste del sacerdote e ha scosso il capo. Poi, ha avvertito anche la voce del don tremare un poco per la commozione e si è riconosciuta. Ha perso anche lei un figlio, tanti anni fa: “Non ti capaciti, non ti capaciti. Passano i giorni e non passa niente. Anzi, basta uno sguardo con tuo marito e ricomincia tutto da capo. Convivi col dolore, ma non vivi più”.
Una signora ha mostrato ad una vicina sul display dello smartphone il volto di Michele che sorrideva più splendente del sole: “Cuore di mamma, guarda quant’era bello” e quel verbo al passato è una scure nel petto.
Un uomo s’è abbandonato sulla pietra del muro e, stringendo le palpebre, ha pensato al suo cucciolo che lavora lontano ed è un vuoto dentro ogni volta che ci pensa.
Le note melodiose dei canti hanno sfidato la sofferenza che tiene stretti tutti i presenti.
I cugini hanno letto un messaggio toccante a Michele che vivrà per sempre dentro i loro cuori.
La famiglia ha deciso che pianterà un albero in città per eternare il ricordo di quel ragazzo meraviglioso. E, ne siamo certi, avrà rami snelli e protesi verso l’azzurro e foglie di smeraldo lucente.
Nuvolette d’incenso sulla bara bianca, è finito tutto. O, forse, è l’inizio di un viaggio misterioso e imperscrutabile, chissà.
Il papà, straziato da un dolore atroce e assurdo, è uscito seguendo il feretro sorretto da don Gianni e don Vito, ed è stata l’immagine più vera della Chiesa che sorregge chi soffre.
Increduli e disperati, gli amici si abbracciavano e piangevano ed erano un’anima sola e sperduta come una vela sferzata dal vento crudele della vita quando si chiama morte.
Per dare l’arrivederci al piccolo, sono stati liberati palloncini colorati di candore. Con ostinazione bambina, sono rimasti impigliati in un filo lì, a mezza via fra cielo e terra.
Come gli angeli. Proprio come Michele…