Con le contestazioni del Sessantotto, e, più in generale, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, si imposero all’attenzione dell’opinione pubblica, nuovi temi. Dal pacifismo all’antimperialismo, condito da un’ideologia terzomondista che abbiamo visto parlando delle contestazioni nel mondo cattolico. Ancora, dall’ambientalismo ai diritti civili di minoranze etniche, donne e omosessuali. Nuovi temi che, talvolta, furono raccolti dai partiti politici e fatti propri. Altre volte colsero le forze politiche impreparate e li videro su posizioni difensive e, in alcuni casi, apertamente ostili.
Oggi, iniziamo a parlare di alcuni di quei temi nuovi, cominciando proprio dal pacifismo, dalle manifestazioni contro la guerra e, specialmente, contro l’interventismo statunitense che, negli anni ’60, raggiunse il suo culmine.
Con la fine della guerra e la sconfitta dell’Asse, ricordiamo, era iniziata una nuova guerra. Una guerra fatta non di trincee, battaglie, assalti, ma di forti contrapposizioni ideologiche, corse agli armamenti, dimostrazioni di superiorità militare, tecnologica, scientifica. Una guerra che avrebbe portato, negli anni ’60 anche alla corsa per lo spazio che vide i sovietici arrivare per primi fuori dal pianeta Terra e, solo successivamente, gli americani raggiungere la Luna.
Le forti contrapposizioni ideologiche caratterizzarono anche la politica italiana, a partire dalle elezioni del ’48, e, come abbiamo visto nel corso di questa rubrica, anche la politica locale dei singoli comuni.
Ma, nonostante la “freddezza” di quella guerra, episodi caldi, se pur periferici, non mancarono. Non tanto direttamente tra le due superpotenze Usa e Urss, ma tra i paesi ad essi collegati. Come era avvenuto tra le due Coree, tra il ’50 e il ‘’53, quando il nord comunista tentò di invadere il sud capitalista, provocando il diretto intervento statunitense.
Il culmine fu raggiunto nei primi anni ‘60. Nel ’61 La Germanie dell’Est innalzò il Muro di Berlino, per impedire ai propri abitanti di fuggire ad Ovest. Nel ’62, invece, si consumò una gravissima crisi internazionale, in seguito alla decisione dell’URSS di schierare missili nucleari a Cuba. Una decisione che spaventò gli Usa, che, per impedire l’installazione di quei missili a pochi chilometri dalle proprie coste, attuarono un blocco navale dell’isola, che, dopo la rivoluzione socialista del ’53, fu retta da Fidel Castro e fu alleata dell’Urss. Una crisi che coinvolse, indirettamente anche la Puglia e la stessa Bitonto.
In che senso? Chiederanno in molti. Chiariamo subito. La crisi cubana fu, secondo gli storici, il momento più drammatico di tutta la guerra fredda tra le due superpotenze, tanto che, da più parti, si ebbe timore di un’ulteriore escalation che portasse al lancio delle testate atomiche.
Ma andiamo con ordine. Nel ’57 l’Urss lanciò nello spazio lo Sputnik, primo satellite artificiale. La notizia sconvolse gli Usa, che, l’anno successivo lanciarono l’Explorer. A sconvolgere Washington e i suoi alleati non è solo il primato tecnologico sovietico, ma anche e soprattutto il timore che Mosca avrebbe potuto dotarsi missili a medio raggio, con testate nucleari, da puntare sull’Occidente. Timore che portò i paesi del blocco occidentale a rinforzare i propri armamenti, nel timore di un attacco. E così, in Europa, si ebbe l’installazione di missili nucleari puntati contro Mosca: i cosiddetti missili Jupiter. Ad ospitarli furono la Turchia, con 15 testate custodite in cinque siti attorno alla città di Izmir (l’antica Smirne) e l’Italia, con trenta missili distribuiti in 10 basi militari (tre per ogni base) tra Puglia e Basilicata. Una di queste, la numero 6, si trovava ad Altamura, al confine con la frazione bitontina di Mariotto, in località Murgia del Ceraso. La principale era a Gioia del Colle. Le altre erano a Mottola, Laterza, Altamura bassa, Gravina, Spinazzola, Acquaviva, Irsina, Matera.
Una corsa agli armamenti che portò anche l’Urss a temere attacchi verso sé stessa e i suoi alleati. A partire da Cuba, che, tra il ’61 e il ’62, fu effettivamente vittima di un tentativo statunitense di porre fine al governo di Castro sull’isola. Gli Stati Uniti vedevano di cattivo occhio l’esistenza di uno stato apertamente filosovietico a breve distanza dalle coste della Florida. E così, applicando la cosiddetta Dottrina Monroe (supremazia statunitense nel continente americano e avversione ad ogni intromissione da parte di potenze estere), il governo di Kennedy e la Cia ingaggiarono alcuni esuli cubani anticastristi, facendoli sbarcare nella Baia dei Porci. L’iniziativa militare si rivelò un completo fallimento, danneggiando l’immagine di Kennedy e rinforzando quella di Castro, che aveva sconfitto l’imperialismo degli Usa. Non solo. Il timore di altri attacchi spinse l’Urss a rinforzare gli armamenti cubani, anche con missili puntati verso il nemico a stelle e strisce.
Si giunse, così, agli avvenimenti del ’63. Il timore di avere missili nucleari puntati sul proprio territorio portò gli Stati Uniti a schierare le proprie navi attorno all’isola. La tensione salì, facendo temere il peggio. Ma non era intenzione di nessuna delle due superpotenze iniziare un nuovo conflitto mondiale, tantomeno attraverso l’uso di missili nucleari. E così, dopo lunghe trattative, si giunse ad un accordo che portò i sovietici a smantellare la base cubana, in cambio dello smantellamento delle basi statunitensi in Turchia e in Italia, compresa, dunque, quella ai confini mariottani. Fu così che, quello che, ancora oggi, ricordiamo come “campo dei missili” fu smantellato, lasciando ruderi visibili ancora oggi.
La vicenda produsse un clima di mobilitazione che, in Puglia, portò all’organizzazione della prima Marcia della Pace Gravina-Altamura del 1963. Un’iniziativa che si inserì nell’ampio movimento internazionale per la pace, che, dopo lo smantellamento dei missili a raggio intermedio, contribuì alla prima distensione tra Est e Ovest, negli anni Sessanta. Fu promossa da intellettuali baresi riuniti nel Comitato per la Pace e incontratisi alla casa dello scrittore Tommaso Fiore e si tenne il 13 gennaio ’63. Le organizzazioni politiche e sindacali furono invitate a partecipare, ma senza i propri simboli, per far sì che quella manifestazione fosse «sede di tutti i pacifisti», come si legge sul manifesto pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 5 gennaio 1963: «Le popolazioni della Puglia e della Lucania sono chiamate ancora una volta ad esprimere i loro propositi a favore di una politica italiana di pace e di amicizia con tutti i popoli, col partecipare alla Marcia della pace di Altamura. Non abbiamo, noi italiani, problemi di forza da risolvere con alcun Paese, né vicino. Né lontano. L’armamento atomico che si vuole aggiungere alle nostre forze armate è un atto non certo di distensione e di contributo alla pace. Le rampe atomiche sulle colline della Puglia sono un sinistro richiamo di morte e la cosa più saggia e urgente è rimuoverle, attraverso l’impegno del nostro governo che tenda al disimpegno atomico di tutta l’Europa e al disarmo mondiale. Noi pugliesi e lucani non vogliamo rampe di guerra sulle nostre terre; chiediamo industrie di pace».
Alla marcia non parteciparono tutte le forze politiche. Il Psdi e il sindacato Uil, ad esempio, smentirono categoricamente, sulle pagine della Gazzetta, la notizia, pubblicata da L’Unità, di un loro consenso alla manifestazione. Un diniego motivato dal timore che dietro l’organizzazione ci fossero i comunisti, che fosse una Marcia per la “pace comunista”, colpevole, a loro dire, dell’aggressione cinese all’India, di quella nordvietnamita al Vietnam del Sud, della divisione fratricida tra le due Germanie. Furono questi ultimi a rispondere, appoggiando pienamente le ragioni della Marcia, e spiegando che «l’idea della Marcia è nata dall’appello lanciato dagli intellettuali italiani all’indomani della crisi cubana. Appello che si è richiamato all’azione del filosofo pacifista Bertrand Russel, che, certamente, non può essere accusato di filocomunismo».
Non aderì neanche la Dc, nonostante ci furono molti democristiani che manifestarono l’appoggio all’iniziativa pacifista. Manifestati invitati a non partecipare, sempre per lo stesso timore che, dietro tutto, ci fosse una speculazione comunista.
Al di là di tutto, comunque, quella di Altamura fu una delle prima manifestazioni pacifiste e antimilitariste che, dagli anni ’60, proseguendo lungo il decennio successivo, si diffusero in Italia e non solo. E che pervasero non solo la politica, ma anche la cultura e le varie forme di espressione artistica in ogni dove. Si pensi alla vasta letteratura, ai numerosi film o, ancora, all’animazione giapponese che, dall’ideologia pacifista e dal timore di un nuovo conflitto nucleare (tema caro in terra nipponica, dopo le drammatiche esperienze di Hiroshima e Nagasaki), trassero molta ispirazione.
Le manifestazioni per la pace, In Italia e in tutto il mondo, si ripeteranno in occasione della guerra in Vietnam, si mescoleranno con altri temi cruciali nelle contestazioni di quel periodo, l’antimperialismo e il terzomondismo, entrando talvolta in collisione, quando si giungeva a giustificare la lotta armata contro gli imperialismi, specialmente quello statunitense, che, tra gli anni ’60 e i ’70, fu molto attivo nel tentare di mantenere la propria egemonia. Ne parleremo, più nel dettaglio nel prossimo appuntamento.