Abbiamo parlato, nelle puntate precedenti, di quel che accadde a sinistra, con la miriade di gruppi extraparlamentari che si posero in antitesi anche con lo stesso Partito Comunista e con le varie scissioni che subì il Partito Socialista. Abbiamo parlato del terremoto che avvenne nel mondo cattolico, pesantemente contestato non solo dall’esterno, ma anche e soprattutto dall’interno, dalle sue componenti di sinistra. Ma cosa avvenne, invece, a destra? Oggi, quindi, facciamo un breve quadro di come cambiò la destra italiana tra gli anni ’60 e gli anni ’70, tra scomparse eccellenti, fusioni e scissioni e nascita di numerosi gruppi extraparlamentari estremisti e, spesso, simpatizzanti della lotta armata (ma non ci soffermeremo oggi sul terrorismo, che tratteremo più avanti).
La destra italiana, ricordiamo, all’indomani del dopoguerra, è, per la sua gran parte e fatta eccezione per il Partito Liberale Italiano (e per il Fronte dell’Uomo Qualunque, che, però ha vita brevissima), fuori dall’arco costituzionale. Ed è minoritario, in termini di consensi e di seggi in Parlamento.
Il periodo a cavallo tra gli anni ’60 e i ‘70 vede anche la destra mutare. Scompaiono, ad esempio, dalla scena politica italiana, i monarchici. Le elezioni politiche del 1972, infatti, sono le prime a cui non partecipano più. Il Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica (che riunisce sia i monarchici dell’ex Pnm di Covelli, sia quelli del Pmp di Lauro) non si presenta alla competizione elettorale, sostenendo il Movimento Sociale Italiano, in cui, pochi mesi dopo, confluisce. Una fusione frutto del calo che, dopo l’exploit del ’53, che a Bitonto aveva portato all’elezione di Franco Rogadeo al Senato, subiscono i monarchici, tra scissioni, riavvicinamenti e accordi con il Msi.
Per far comprendere l’entità, a tutti i livelli, dal nazionale al locale, di quel calo, basta confrontare i dati bitontini delle politiche del ’53 e del ’68. Nel ’53 il Pnm raggiunge 3220 preferenze (18,23%) alla Camera e 25995 (29,74%) al Senato. Appena 15 anni dopo, il Pnm si presenta solo alla Camera, raggiungendo appena 57 consensi (0,28%). Gli altri monarchici, quelli del Pdium, si fermano, alla Camera, a 417 voti (2,03%), mentre al Senato a 2778 (2,89%).
Un calo che va a vantaggio della Dc, certamente, ma anche e soprattutto del Msi di Giorgio Almirante, che mira a porsi come unico rappresentante di tutte le forze della destra italiana, soprattutto dopo il successo ottenuto alle prime elezioni regionali del 1970.
Il Msi, dopo un periodo di difficoltà ad affermarsi, subito dopo la guerra (difficoltà causate sia dalla vicinanza temporale dell’esperienza fascista, sia da arresti eccellenti di esponenti che avevano avuto pesanti responsabilità nella dittatura), attraversa un successivo periodo di collaborazioni con la Democrazia Cristiana e con i monarchici, guidate dalla contrapposizione alle sinistre. Collaborazioni che portano all’accettazione dell’ingresso nella Nato e permettono anche l’ingresso, negli anni ’50, in diverse giunte comunali a guida democristiana, ad esempio a Bari. E che portano alla fiducia ai governi Zoli (1957-1958) e Segni II (1959-1960) e all’appoggio al successivo governo monocolore Tambroni.
Già negli anni ’50, il Msi inizia a subire le prime fratture interne, con la fuoriuscita della corrente di Pino Rauti, seguito dalla componente più giovane e con posizioni radicali, che, nel ’56 fonda il Centro Studi Ordine Nuovo, in contrasto con la linea del partito e con le sue decisioni che avevano portato, tra le altre cose, proprio all’ingresso nell’Alleanza Atlantica. A quella scissione segue un’altra, che porta alla nascita del Partito Nazionale del Lavoro, che si presenta solamente alle elezioni del ’58 (nessuna lista è presentata nella nostra circoscrizione), scomparendo subito dopo.
Quando, nel ’69, Almirante diventa segretario, Rauti scioglie il suo Centro Studi e rientra nel Msi, mentre i contrari al ritorno fondano un nuovo movimento, chiamato sempre Ordine Nuovo, accusando il movimento di Almirante di essere servo della borghesia e dell’imperialismo degli Stati Uniti d’America.
Dal Centro Studi Ordine Nuovo, nel ’59, nascono anche altri movimenti. Prima interni, come i Gruppi Armati Rivoluzionari, fondati da Stefano Delle Chiaie (nome che sarà spesso ricorrente nelle indagini sul terrorismo nero), che avvia una campagna per l’astensionismo. Poi, dopo la rottura definitiva con Rauti, esterno, con Avanguardia Nazionale Giovanile, fondato sempre da Delle Chiaie, protagonista di diversi scontri con i manifestanti di sinistra.
Approdato alla segreteria, Almirante segue la strada della “Destra Nazionale”, con cui intende ad ergersi a rappresentante di tutta la destra italiana. Una strada che porta, nel ’72, alla fusione con i monarchici e alla nascita del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale. Nonostante non manchino coloro che aderiscono più alle tesi di Rauti, il Msi di Bitonto è sempre stato più con Almirante, tanto che lo stesso segretario del Movimento, nel ’72, visita la città.
Una nuova scissione si consuma nel ’76, quando Almirante, temendo una nuova scissione da parte della corrente di Rauti, di cui facevano parte molti giovani, torna ad irrigidirsi, ponendosi nuovamente come alternativa al sistema, per non perdere il sostegno giovanile. Una linea che, unita al rinvio del congresso del gennaio del ’77, porta alla rottura da parte di quella corrente che mirava alla costituzione di una destra democratica. Corrente che vede, al suo interno, parte degli ex monarchici, come Covelli e Lauro, ed esponenti importanti del Msi, tra i quali Ernesto De Marzio, personaggio di punta della sezione barese, più volte candidato ed eletto alla camera nella nostra circoscrizione (più volte in visita a Bitonto, De Marzio è stato a Bitonto già nel ’68). Nasce così Democrazia Nazionale, che si costituisce come gruppo autonomo a dicembre ’76. Una nuova forza che cerca di distanziarsi dall’esperienza fascista ed inserirsi maggiormente nella vita democratica del paese, appoggiando, ad esempio, il governo Andreotti III (1976-1978). Una linea che, per i missini, è frutto del tentativo democristiano di spaccare la destra e di far fallire il progetto di Almirante per la creazione di un’unica forza di destra.
Ma, candidato alle sole politiche del ’79, ottiene un risultato molto deludente, tanto da spingerlo verso lo scioglimento, nello stesso anno. Ma l’esperienza di Democrazia Nazionale, secondo De Marzio, sarà un primo esperimento di quel percorso che, anni dopo, porterà alla nascita di Alleanza Nazionale.
Ma, oltre queste sigle partitiche ufficiali, come abbiamo già accennato, sorgono numerosi movimenti di estrema destra, talvolta in antitesi, critiche verso il Msi. Fino alla metà degli anni ’70, l’estrema destra extraparlamentare è dominata dalle due organizzazioni che abbiamo già nominato, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, che ebbero un ruolo egemone, fornendo continuità ideologica e personale tra le generazioni di militanti che si susseguirono, permettendo lo sviluppo di sentimenti alla base delle formazioni della destra radicale, come, ad esempio, un risentimento per la sconfitta subita dal fascismo. Un sentimento che, nato dai reduci diretti del fascismo, si sviluppa negli anni fornendo una delle radici ideologiche della fase golpista e di quella terroristica, su cui ci soffermeremo più in là.
Tra le due organizzazioni non ci sono significative e nette differenze ideologiche. Hanno, anzi comuni basi di pensiero, che affondano le loro radici nel fascismo rivoluzionario, nel pensiero di Julius Evola e nell’esperienza della Repubblica Sociale Italiana.
Oltre ad Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale sorsero sigle minori, specialmente in ambito studentesco ed universitario, riconducibili tuttavia a membri dell’una o dell’altra organizzazione, come il Fronte di Azione Studentesca, con cui Ordine Nuovo cerca di fare proseliti tra i giovani. O come Lotta di Popolo e Caravella, caratterizzati dalla forte presenza di esponenti di Avanguardia Nazionale. Il primo movimento, nato nel ’69, tenta di portare, nell’universo neofascista, istanze comuni all’estrema sinistra, come l’anticapitalismo, l’antimperialismo e l’antisionismo. Fenomeno che porta alla definizione, da parte dei giornalisti, dell’espressione “nazi-maoismo”, per indicare la diffusione, specialmente in ambito universitario, a Roma, di movimenti di estrema destra in cui confluirono elementi della sinistra extraparlamentare critici verso le organizzazioni presenti sulla scena dell’estrema sinistra. Un fenomeno che porta alla nascita di altre organizzazioni come Primula Goliardica, Lotta Popolare e Terza Posizione e che fornirà la base ideologica di future organizzazioni, nate in epoca più recente, come Forza Nuova. Si cerca, in pratica di superare gli steccati, divisioni e incomprensioni fra destra e sinistra, facendo in modo di coniugare il pensiero di Friedrich Nietzsche e di Louis-Ferdinand Céline con quello di Malcom X e di Mao Zedong.
Sempre appartenente al fenomeno del nazi-maoismo, la Caravella, invece, nasce a Roma come gruppo di studenti universitari del Msi, già nel ’48. Poi, con la nascita del Fronte Universitario di Azione Nazionale, diventa Fuan – Caravella, presieduta da Giulio Caradonna, figlio di quel Giuseppe Caradonna che fu esponente di rilievo del fascismo e tra i responsabili dell’omicidio Di Vagno, nel ‘21. Durante le contestazioni del ’68, solidarizza con i gruppi della sinistra extraparlamentare, per poi essere apertamente sconfessata dal Msi di Almirante e dallo stesso Caradonna e sciogliersi, confluendo in Lotta di Popolo.
Anche a destra, dunque, il Sessantotto genera proteste e contestazioni, nonostante le direttive del Msi. Anzi, a Bari, le primissime manifestazioni studentesche furono promosse dall’estrema destra dopo il suicidio di Ian Palach, come ci disse Sabino Lafasciano, quando ci raccontò la sua esperienza di militante della sinistra extraparlamentare negli anni ’70. Sotto accusa sono il mondo universitario, giudicato come obsoleto e utilizzato. Tra i riferimenti culturali degli studenti neofascisti, c’è la rivista “L’Orologio”
Contestazioni che, da destra, non risparmiano neanche il Msi, come possiamo anche notare dalle parole di uno dei maggiori pensatori della destra di quel tempo, Adriano Romualdi, critico verso il ruolo che il partito erede di Salò aveva svolto fino a quel momento. Le accuse di Romualdi, pubblicate sulle pagine del periodico “Ordine Nuovo”, sono di aver lasciato il movimento studentesco in una situazione di carenza di riferimenti culturali, ponendolo nella situazione di essere fagocitato dalla sinistra. Il tutto per inseguire una via che Romualdi giudica come “perbenismo imbecille”, che, in nome dell’identità nazionale, cattolica e anticomunista, rinuncia e delega ad altri la protesta contro l’ordine borghese.
Il mancato appoggio del Msi a quelli che vengono definiti eretici di destra e alla loro vicinanza con i manifestanti di sinistra provoca un corto circuito che cagiona, secondo un altro esponente del Msi, Giuseppe Niccolai, una diaspora, tra le fila degli studenti, che porta o al disimpegno o alla lotta armata allo stato. Una lotta, condotta anche da alcuni dei movimenti citati e appoggiata da frange estremiste e satelliti dello stesso MSI, che condurrà ad uno dei periodi più bui della storia italiana.