Tantissimi italiani hanno imparato a conoscerla grazie a quel genio che è stato Paolo Villaggio. Che, ne “Il secondo tragico Fantozzi”, dopo una serie interminabili di angherie e umiliazioni, definisce la corazzata Kotiomkin “una cagata pazzesca” e dalla durata interminabile di 18 bobine, ricevendo ben 92 minuti di applausi.
L’attore genovese, però, definisce quella pellicola anche come il “classico dei classici”. E qui ha ragione, ma è volutamente l’unica cosa che è veritiera.
Il film, in realtà, come è noto, si intitola “La corazzata Potëmkin”, è del 1925, dura soltanto 75 minuti, è uno dei capolavori del cinema mondiale e vede la direzione del regista sovietico Sergeij Eisenstein.
È una pellicola autobiografica, che racconta l’epopea dell’imbarcazione omonima e dell’ammutinamento del suo equipaggio nel 1905. Un episodio che non solo ha segnato la storia della Russia – anzi è talmente importante che secondo Lenin “il passaggio dalla parte dell’insurrezione fu il primo passo verso la trasformazione della rivoluzione in una forza internazionale” – ma ha scioccato l’opinione pubblica europea, anche perché è uno dei primi attacchi seri alla dittatura zarista russa, e all’ultimo suo rappresentante: Nicola II.
L’incrociatore corazzato Potëmkin era una delle più belle unità della flotta russa del mar Nero con 12mila tonnellate di stazza e più di 700 uomini di equipaggio. Il 26 giugno 1905, mentre la nave si stava dirigendo verso il porto di Odessa, alcuni marinai si rifiutarono di consumare il rancio in segno di protesta per la carne avariata che era stata servita a mensa, simbolo lampante della enorme differenza delle condizioni di vita dei lavoratori rispetto agli ufficiali. La protesta si trasformò in vero e proprio ammutinamento quando il comando, per dare l’esempio, impartì l’ordine di fucilare alcuni uomini. L’ordine fu rifiutato e un marinaio rimase ucciso per mano di un ufficiale. Gli ammutinati si impadronirono della nave e uccisero il capitano e gran parte degli ufficiali.
La corazzata, sulla quale venne issata la bandiera rossa, continuò la sua rotta e il giorno seguente giunse davanti al porto di Odessa, da tempo in preda ai disordini. L’arrivo della nave fu salutato con entusiasmo dai manifestanti, che speravano di ricevere aiuto nella lotta contro le forze governative, ma così non è stato affatto dopo tre giorni l’imbarcazione è costretta a lasciare la città. Il problema, però, era che la nave era a corto di rifornimenti, viveri e carbone, e tra i membri dell’equipaggio cominciò a prendere corpo l’idea di cercare asilo in un porto straniero. Dapprima approdò nel porto di Teodosia, in Crimea, poi si diresse verso la costa rumena attraccando il 7 luglio al porto di Costanza. Qui la maggior parte dei marinai ottenne asilo in Romania, alcuni chiesero di essere reintegrati nella marina dello zar, dopo aver dichiarato di essere stati costretti con la forza ad aderire alla ribellione, altri ebbero un passaporto per gli Stati Uniti. Il Potëmkin infine fu restituito dai rumeni alla marina russa.
Al di là dell’episodio, alla base della rivoluzione russa del 1905, si è discusso per decenni se l’ammutinamento sia stato un qualcosa organizzato da tempo o se sia scattato improvvisamente con quella carne avariata.