Abbiamo parlato, nel precedente appuntamento, della contestazione mossa da sinistra al Partito Comunista Italiano, che fu oggetto di scissioni. Con la conseguente nascita di numerosi partitini, da parte della componente più giovane, che aderì alle istanze sessantottine.
Oggi mettiamo momentaneamente da parte il tema delle contestazioni, per vedere quel che accadde all’altro principale partito di sinistra, il Partito Socialista Italiano, che pure fu oggetto di contestazioni, come l’intero sistema politico e che di scissioni, sin dalla sua nascita, ne ha subite parecchie. Anzi, la sua storia è sempre stata caratterizzata da continue divisioni e contrasti.
Comprendere l’evoluzione del Psi è fondamentale per comprendere l’evoluzione generale della politica italiana, passata e futura.
Come sappiamo, già nel 1921, al congresso di Livorno, ci fu la prima grande scissione da parte della corrente rivoluzionaria del Partito Socialista che fece nascere il Partito Comunista Italiano, mentre l’anno successivo, la parte riformista fu espulsa e fondò il Partito Socialista Unitario (Psu) che, nel 1930, tornò nel Psi.
La seconda grande scissione avvenne nel ’47, in corrispondenza con l’inizio della contrapposizione tra Ovest ed Est, quando la parte di destra, guidata da Saragat, filoatlantica e contraria al proseguimento dell’alleanza con i comunisti, uscì dal Psi e fondò il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (Psli). Da quest’ultimo, nel ’49, una corrente si staccò ulteriormente per dare vita ad un nuovo Psu, in contestazione con la politica del Psli, giudicata troppo vicina alla Dc. I due partiti si riunirono nel ‘51, formando il Partito Socialista Democratico Italiano, che fu sempre alleato della Dc, mentre il Psi rimase a sinistra, alleato con il Pci.
A cambiare la situazione fu l’intervento sovietico in Ungheria nel ’56. Critico verso l’azione militare sovietica, il Psi prese sempre più le distanze dal Pci, iniziando un percorso politico che lo porterà, nel ’63, ad entrare nel governo con la Dc, durante i primi governi Moro. Ma la direzione intrapresa non fu accettata da una sua parte, quella più radicale, che, nel ’64, fondò il Psiup, i cui membri vennero soprannominati “carristi”, termine dispregiativo per criticare l’appoggio, dato dai suoi fondatori, all’intervento dei carri armati sovietici a Budapest.
Tra i principali esponenti del Psiup Bitontino, ricordiamo, il più volte menzionato Angelo Custode Masciale, già segretario del Partito Socialista Italiano, sindaco e, in seguito senatore, che, aderì al Psiup. Eletto consigliere alle amministrative del ’66, dovette dimettersi a causa della sua ineleggibilità, dovuta al suo ruolo di senatore. Lasciò il posto al primo dei non eletti, il professor Carlo Sblendorio, che fu anche primo dei non eletti alle elezioni provinciali del ’70, sempre per il Psiup. Fu rieletto in consiglio comunale alle amministrative del ’71, insieme ad un secondo esponente del partito: Francesco Brandi, che fu esponente anche del consiglio di amministrazione dell’ospedale.
Sblendorio, in quell’amministrazione, fu nominato anche assessore alla Pubblica Istruzione, accanto al sindaco Domenico Larovere, permettendo l’ingresso, nella massima assise cittadina, al futuro sindaco Emanuele Masciale, che, poi, confluirà nel Partito Democratico di Unità Proletaria e, successivamente, nel Psi. Dopo l’esperienza nel Psiup, Sblendorio, invece, passò in Democrazia Proletaria, di cui fu segretario. Fu rieletto proprio nella lista di Democrazia Proletaria alle amministrative del ’76.
Tornando al Psiup, nel luglio ’72, confluì nel Pci, ma, nello stesso anno, l’ala sinistra del Movimento Politico dei Lavoratori (che era già confluita in Alternativa Socialista), guidata da Giovanni Russo Spena, Domenico Jervolino e altri, confluisce nel Nuovo Partito Socialista di Unità Proletaria (Nuovo Psiup) fondato da Vittorio Foa e Miniati che non erano d’accordo con la fusione tra Psiup e Pci. Dalla fusione di Alternativa socialista e Nuovo Psiup, nacque, infine il PdUP, che nell’84, si unirà al Pci.
Quanto al principale partito socialista italiano, il Psi, dopo aver preso sempre più le distanze dal Pci e dall’ortodossia marxista, avvicinandosi alla Dc ed entrando nei governi, sin dal ’63, negli anni ’70 il partito si avviò verso una vera e propria svolta, che lo porterà a cambiare la sua identità ideologica con l’affermarsi, alla segreteria, di Bettino Craxi.
Una svolta che partì dal pesante arretramento ottenuto alle elezioni amministrative del ’72, a vantaggio dei comunisti. Uno squilibrio che segnò le difficoltà dei socialisti a competere con l’altro partito di sinistra e che spianò la strada per l’importante cambio alla segreteria del partito, che, nel ’76, passa da De Martino a Craxi, che era stato già vicesegretario ed esponente della corrente di Pietro Nenni. Con Craxi, il Psi andrà verso una svolta ideologica che, nel ’78, sarà riassunta nel libro “Il Vangelo Socialista”. Una svolta con la quale si sancì lo smarcamento definitivo dal marxismo. Ma su questo entreremo nel dettaglio più in là.